Divieto di Immistione – Guida

Prima di parlare del divieto di immistione, contemplato dall’art.2320 del Codice Civile, dobbiamo fare qualche accenno alla società in accomandita semplice, sas. Prevista dal diritto italiano, si tratta di una società di persone, la cui attività può avere natura commerciale o non e che si caratterizza per la presenza di due categorie di soci, gli accomandanti e gli accomandatari.

I primi rispondono delle obbligazioni contratte dalla società limitatamente alla quota conferita, ovvero sono sottoposti alla stessa responsabilità limitata che grava sui soci di una srl o di una società per azioni. A tale beneficio, però, corrisponde la loro esclusione dalla gestione della società e proprio questo divieto si definisce di immistione. Esso prevede, ai sensi del suddetto articolo, che nel caso di violazione, il socio accomandante possa non solo essere escluso dalla società, ma perda anche il beneficio della responsabilità limitata. L’altra categoria dei soci, gli accomandatari, infatti, rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali e solo a loro sono attribuite l’amministrazione e la rappresentanza della società.

In altre parole, il Codice Civile ha previsto che per una società in accomandita semplice, gli accomandatari abbiano poteri gestionali e di rappresentanza, mentre gli accomandanti debbano essere esclusi dalla gestione della società, avendo sostanzialmente lo stesso ruolo dei soci azionisti in una spa.

Tornando all’art.2320 c.c., esso recita quanto segue, I soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di una procura speciale per singoli affari. Il socio accomandante che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali e può essere escluso a norma dell’articolo 2286. I soci accomandanti possono tuttavia prestare la loro opera sotto la direzione degli amministratori e, se l’atto costitutivo lo consente, dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni e compiere atti di ispezione e di sorveglianza. In ogni caso essi hanno il diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne l’esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società.

Dunque, al socio accomandante è fatto divieto di compiere atti di amministrazione della società o di agirne in rappresentanza per un qualche affare, se non in conseguenza di una procura speciale, concessa dai soci accomandatari. Peraltro, come chiarisce il Codice, il socio accomandante può compiere alcune operazioni da amministratore, ma sulla base di una procura speciale, non generale, ovvero egli non può essere delegato a trattare o agire in nome della società, se non limitatamente a uno specifico affare.

Lo stesso art.2320 c.c. riconosce, oltre alla procura speciale, anche altre situazioni a contemperamento del divieto di immistione, ovvero la possibilità di svolgere lavoro manuale o intellettuale alle dipendenze degli amministratori, di rilasciare pareri e autorizzazioni, di effettuare attività di ispezione e controllo. Si tratta, però, di compiti estranei all’attività autonoma e gestionale, in quanto subordinati, in ogni caso, agli amministratori.

A nulla vale che il socio accomandante, nel compiere un atto, non abbia cortezza che si tratti di un’ingerenza nell’attività gestionale della società, così come il creditore sociale è dispensato dal provare di non sapere che il socio con cui ha interagito fosse un accomandatario, ovvero escluso dai poteri di amministrazione e di rappresentanza della società. La legge fallimentare, per esempio, equipara il socio accomandante infedele a quello accomandatario, essendo primaria la tutela dell’interesse dei creditori concorsuali.

Il Codice Civile sembra molto chiaro nel delineare le limitazioni entro cui può operare il socio accomandante, mentre lo è molto meno con riferimento alla decadenza o meno del suo stato, una volta che questi fosse sanzionato per ingerenza nell’attività gestionale della società. La dottrina, quasi all’unanimità, tende ad escludere che esso possa acquisire lo stato di socio accomandante, dovendosi conservare il modello societario. Inoltre, qualsiasi modifica del contratto sociale, come nel caso di un passaggio dallo stato di socio accomandatario ad accomodante e viceversa, deve avvenire con il consenso unanime o almeno maggioritario dei soci stessi ed è soggetta agli obblighi di pubblicità, in modo che i terzi siano a conoscenza. Da questo deriva la tendenza della dottrina ad escludere che basti la violazione del diritto di immistione per rendere un accomandante accomandatario.

La possibilità concessa al socio accomandante di prestare opera manuale o intellettuale nella stessa sas non opera come eccezione al suddetto divieto di immistione, non solo perché è esplicitamente previsto che questa opera venga prestata alle dipendenze degli amministratori, ma anche perché viene fatto salvo il diritto di questi di avvalersi della collaborazione di chiunque ritengano utile allo scopo prefisso, anche per ragioni di celerità gestionale, compresi i soci accomandanti.

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