La domanda di ammissione al passivo è quella con la quale si chiede di ammettere il proprio credito al passivo di un fallimento. Essa deve essere presentata tempestivamente, entro 30 giorni prima dell’udienza di verifica dei crediti, la cui data viene fissata con la sentenza di dichiarazione del fallimento. Tuttavia, la domanda può essere presentata anche successivamente, sempre che sia entro un anno dalla data del fallimento.
In questo caso si considera tardiva, ma resta efficace, anche se può essere soggetta a limitazioni nella ripartizione dell’attivo fallimentare per la parte già distribuita, ovvero della massa di beni e crediti risultanti in capo al soggetto fallito. Questo significa che se si presenta dopo il termine dei 30 giorni, ma entro l’anno dalla data del fallimento, la domanda di ammissione al passivo, si conserva ugualmente il diritto di partecipare alla distribuzione della massa attiva del fallito, ma se è avvenuta una previa distribuzione tra i creditori, che avevano già presentato domanda, si è persa l’opportunità di attingere a quella massa attiva.
La domanda deve essere inviata tramite posta elettronica certificata all’indirizzo mail del curatore. Nelle stesse modalità vanno inviati i documenti da allegare alla domanda. I titoli di credito come assegni e cambiali e quelli esecutivi come il decreto ingiuntivo o la sentenza devono essere depositati, invece, in originale presso la cancelleria del Tribunale territorialmente competente.
Si consiglia di predisporre la domanda in forma cartacea, stamparla e firmarla. Se ci si rivolge a un avvocato, sarà sua cura redigerla e provvedere alla firma. A questo punto, estrarre una copia informatica in uno dei formati più diffusi, fare lo stesso per i documenti allegati e inviarli tutti come allegato al messaggio di posta elettronica certificata da inviare al curatore.
La domanda, redatta in carta semplice, deve contenere l’indicazione della procedura a cui si intende partecipare, le generalità del creditore, l’indicazione della somma che si pretende far ammettere al passivo del debitore, cercando possibilmente di non omettere gli interessi, una sintetica esposizione dei fatti alla base della pretesa, l’indicazione dell’eventuale titolo di prelazione. In assenza di una tale segnalazione, il credito si considera chirografario, ossia non idoneo a determinare alcun diritto di prelazione, ma comunque viene ammesso ugualmente all’insinuazione del passivo. La domanda di ammissione al passivo non è soggetta al pagamento del contributo unificato e dei diritti.
Dunque, quando si intende presentare una domanda di ammissione al passivo, per prima cosa bisogna comprendere se si è titolari di un diritto di credito privilegiato o chirografario, perché nel primo caso si gode del privilegio, appunto, di venire soddisfatti con precedenza rispetto ai creditori non assistiti da tale diritto. Con la domanda, il creditore presenta agli organi del fallimento l’istanza di insinuazione al passivo, ovvero chiede di essere incluso nella lista dei creditori, ai quali sarà distribuita la massa attiva del soggetto fallito.
A questo punto, il curatore fallimentare redige le liste dei creditori e dei titolari di diritti sui beni mobili e immobili. Successivamente, deposita il progetto di stato passivo presso la cancelleria con anticipo di almeno quindici giorni dalla data fissata per la prima udienza. In questo modo, i soggetti che hanno già presentato la domanda possono eventualmente integrarla con ulteriori documenti fino all’udienza.
All’udienza per l’esame del passivo, il giudice esamina ciascuna richiesta separatamente dalle altre e decide con decreto succintamente motivato se ammetterla del tutto, in parte o se rigettarla per inammissibilità. In questo caso non è escluso il diritto della parte di ripresentare la domanda. Esaurita la fase di esame del passivo, il giudice rende esecutivo lo stato. Il curatore effettua la comunicazione a tutti i creditori, in modo che possano prendere visione delle decisioni del giudice ed eventualmente proporre opposizione, nel caso di mancato accoglimento della richiesta di ammissione al passivo.
Abbiamo visto come i lavoratori che vantino arretrati con riguardo alle loro retribuzioni siano considerati creditori privilegiati. In questi casi, è necessario indicare le mensilità non riscosse e segnalare l’importo per ciascuna di essa, al netto dei contributi previdenziali, ma al lordo delle imposte. Ciò implica, che la retribuzione deve essere calcolata scorporando l’aliquota di circa il 9%, corrispondente alla parte del contributo previdenziale a carico del lavoratore. La ragione per la quale queste somme vanno indicate al lordo delle imposte è data dal fatto che il curatore fallimentare funge da sostituto d’imposta, per cui è suo compito versare i tributi all’Erario.
Infine, esistono anche le domande ultra tardive, quelle presentate a distanza superiore di dodici mesi dalla data del fallimento. In generale, non sono più ammissibili, tranne che il creditore non sia in grado di dimostrare che il ritardo nella presentazione della domanda di ammissione al passivo non sia dipeso da una sua colpa, cosa che risulta essere difficile.