Nel nostro ordinamento esiste una differenza tra norme cogenti, dette anche assolute o imperative, e norme relative o derogabili. Le prime non possono essere derogate dalla volontà dei privati, come nel caso delle norme penali. Discorso diverso si ha, invece, con le norme derogabili, in quanto possono essere modificate o non applicate dalle parti, sussistendo determinate condizioni.
Esse si distinguono, a loro volta, in norme dispositive e norme suppletive. Un esempio di norme dispositive lo offre il Codice Civile all’art. 1815, dove prevede che Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario è tenuto a versare gli interessi al mutuante, ovvero che chi riceve una somma di denaro in prestito o altri beni fungibili è tenuto a corrispondere gli interessi a chi quel denaro o altri beni offre, salvo che le parti dispongano diversamente. Dunque, due soggetti possono anche concordare l’erogazione di un prestito in forma gratuita, cioè senza interessi, come spesso avviene nel caso di familiari o di conoscenti.
Quanto alle norme suppletive, esse vanno a regolare il rapporto tra le parti, quando manca la volontà delle stesse. Un esempio è dato dall’art. 1193 c.c., che prescrive che nel caso in cui un soggetto abbia più debiti verso un altro, all’atto del pagamento può dichiarare quale di questi egli paghi. In assenza di questa dichiarazione, si presume che
-Venga pagato il debito scaduto
-In presenza di più debiti scaduti, che venga pagato quello meno garantito.
-Tra più debiti ugualmente garantiti, che venga pagato quello più oneroso per il debitore.
-Tra più debiti ugualmente onerosi, quello più vecchio.
In assenza di tali criteri, il pagamento viene suddiviso in proporzione ai vari debiti.
Vediamo cosa succede in questo caso esemplare di norma suppletiva. Un soggetto ha più debiti verso un altro soggetto e può dichiarare o meno quale debito egli sta pagando. Se non lo fa, è la legge stessa che fissa i criteri con i quali imputare il pagamento all’uno o all’altro debito. In sostanza, non essendosi rivelata la volontà delle parti, le norme suppliscono.
Riepilogando, le norme sono dispositive quando disciplinano una certa fattispecie, ma lasciando alle parti la possibilità di stabilire diversamente, ovvero di derogare ad esse o di non applicarle affatto. Con le norme suppletive, invece, la volontà delle parti non è presente, per cui viene applicato quanto prescrive sul punto la legge.
Un altro caso di norma dispositiva si ha con l’art.1475 del Codice Civile, secondo cui le spese di contratto di vendita e le altre accessorie sono a carico del compratore, se non è stato pattuito diversamente. Dunque, salvo che le parti non si siano accordate in maniera differente, la norma prevede che le spese accessorie a una vendita di beni siano a carico dell’acquirente. Questo perchè appare chiara l’intenzione delle parti che il venditore incassi un prezzo netto e non si sobbarchi di oneri accessori. Si tratta di una norma opportuna, che segue la prassi e che si fonda su una considerazione principale, chi compra è interessato al bene, mentre chi vende predilige il denaro. Pertanto, è corretto che le spese legate alla compravendita vengano sostenute dall’acquirente, in quanto si presume che per esso sia più importante entrare in possesso del bene, mentre il venditore intende incassare il denaro e troverebbe sgradevole pagare gli oneri legati alla cessione. Chiaramente, se le parti dispongono diversamente, si potrebbe decidere di accollare in tutto o in parte le spese al venditore, magari ripartendole metà e metà.
Un altro esempio di norma suppletiva si ha con l’art. 1182 c.c., che sempre in tema di contratti stabilisce che
Se il luogo nel quale la prestazione deve essere eseguita non è determinato dalla convenzione o dagli usi e non può desumersi dalla natura della prestazione o da altre circostanze, si osservano le norme che seguono. L’obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata deve essere adempiuta nel luogo in cui si trovava quando l’obbligazione è sorta.
L’obbligazione avente per oggetto una somma di denaro deve essere adempiuta al domicilio che il creditore ha al tempo della scadenza. Se tale domicilio è diverso da quello che il creditore aveva quando è sorta l’obbligazione e ciò rende più gravoso l’adempimento, il debitore, previa dichiarazione al creditore, ha diritto di eseguire il pagamento al proprio domicilio.
Negli altri casi l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza.
In questo caso, siamo di nuovo in assenza di una volontà espressa o desumibile delle parti. A questo punto, la norma fissa il luogo di adempimento dell’obbligazione, che sarà quello in cui essa era sorta per un bene, mentre in caso di denaro, consisterà nel domicilio del creditore nel momento in cui è sorta l’obbligazione. Se questo è cambiato e ciò rende più gravoso per il debitore procedere all’adempimento, si pensi al caso di un creditore che sposta il proprio domicilio a un centinaio di chilometri di distanza rispetto a prima, quando era a poche centinaia di metri dal domicilio del debitore, il debitore avrà diritto ad adempiere al proprio domicilio.