Il nostro ordinamento può essere rappresentato con una piramide, dove all’apice troviamo la Costituzione, ovvero la Carta fondamentale del diritto, mentre in basso vi sono i regolamenti e gli usi. In questa guida forniamo una sintesi delle relazioni che intercorrono tra i vari gradi dell’ordinamento.
Dicevamo, la Costituzione è al di sopra di tutto. Si tratta di un documento scritto, rigido, composto da 139 articoli. Grande parte di essa è modificabile, a parte la forma repubblicana per espresso divieto dell’art.139. Per essa si intende non soltanto che non è possibile passare a un ordinamento monarchico, abolito con referendum popolare nel 1946, ma anche che i tratti caratteristici della nostra Repubblica non possono essere intaccati, ovvero tutta la prima parte dei diritti fondamentali e dei doveri del cittadino. Per intenderci, non sarebbe possibile modificare un articolo della Costituzione stabilendo che tutti i cittadini non sono uguali davanti alla legge, perché il principio di uguaglianza è alla base dei valori della nostra Carta.
Dicevamo, che la Costituzione può essere per grande parte modificata e, anzi, dall’inizio del Millennio è stata più volte oggetto di modifiche. La procedura per la modifica di uno o più articoli è complessa, prevedendo la doppia approvazione di Camera e Senato e con un intervallo non inferiore ai tre mesi l’una dall’altra. Immaginando tempi rapidi, non sarebbe tecnicamente possibile modificare una sola parola della Costituzione in meno di 6 mesi, ma nella realtà potrebbero volerci anni. In più, se in seconda lettura Camera e Senato non approvano con almeno una maggioranza dei due terzi dei componenti, le modifiche possono essere oggetto di referendum costituzionale, in modo che l’ultima parola spetti al popolo italiano.
A modificare la Costituzione sono le leggi costituzionali, le quali a loro volta non possono essere in conflitto con essa. Scendendo nella gerarchia, troviamo, poi, le leggi ordinarie, ovvero provvedimenti approvati dal Parlamento. Alle leggi ordinarie sono equiparati i decreti legislativi e i decreti legge, entrambi adottati dal governo. I primi si hanno su delega del Parlamento, che vota la cornice, entro la quale autorizza l’esecutivo a muoversi per legiferare su una materia, spesso complessa. I secondi sono varati in casi di emergenza, quando non è possibile attendere il percorso parlamentare, ma il Parlamento è tenuto a votarli entro 60 giorni, altrimenti il testo decade. In caso di esito positivo, invece, sarò trasformato in legge.
Di seguito, un gradino sotto alle leggi ordinarie troviamo le leggi regionali. Sono tutti quegli atti che possono essere adottati dalle regioni per le materie di loro competenza e sempre che non siano in conflitto con le leggi ordinarie.
Scendendo ancora più in basso, troviamo i regolamenti, ovvero atti di secondo livello, emanati dal governo per rendere applicabili le leggi alla situazione concreta. Infine, troviamo gli usi, vale a dire quelle consuetudini ripetute nel tempo e che vengono percepite quali comportamenti vincolanti giuridicamente per tutti. Esse si distinguono in secundum legem, richiamate dalle stesse leggi, praeter legem, non richiamate da fonti scritte, e contra legem, contrarie all’ordinamento e, pertanto, non valide.
Negli ultimi decenni, aderendo l’Italia all’Unione Europea, anzi essendone uno Stato fondatore, ci si è posti il problema di quale ruolo abbiano i regolamenti comunitari nel nostro ordinamento, trovando diretta applicazione negli Stati membri. In teoria, potrebbero essere percepiti quali contrari alla Costituzione, prevalendo su di essa, ma va chiarito a questo proposito che la stessa Carta recita all’art.117 che la potestà legislativa dello Stato e delle regioni è condizionata al rispetto degli obblighi internazionali, come da modifica nel 2001.
A controllare che una legge ordinaria o regionale sia conforme alla Costituzione è la Corte Costituzionale, un organo dello stato composto da 15 giudici, di cui 5 di nomina del presidente della Repubblica, 5 del Parlamento in seduta comune e 5 da parte degli operatori giuridici. Essi restano in carica 9 anni e la presidenza dell’organo ruota periodicamente, scelta dagli stessi membri. Essa non ha l’obbligo di conformarsi a una propria decisione precedente, ovvero non è tenuta a seguire una linea politica, ma può benissimo cambiare parere sul medesimo tema a distanza di tempo, anche molto breve. Non è nemmeno detto che una legge possa essere definita incostituzionale, in tutto o in parte, subito dopo la sua approvazione. Al contrario, il più delle volte ciò accade anche a distanza di decenni, vuoi per un cambio di impostazione della Corte, vuoi anche perché la stessa Costituzione potrebbe essere stata modificata.
Anche l’Unione Europea ha una sua Corte Costituzionale, che prende il nome di Corte di Giustizia Europea, con sede in Lussemburgo, che vigila sulla conformità delle leggi nazionali ai regolamenti comunitari. Questi ultimi si inquadrano nella piramide dell’ordinamento appena al di sotto della Costituzione, al di sopra delle leggi ordinarie.