Il processo tributario può risultare piuttosto complicato da comprendere nella procedura e nelle formalità previste dalle norme, tanto che spesso il contribuente non è capace di fare valere i suoi diritti per mancata conoscenza dei tempi e dei modi corretti nei quali proporre ricorso. In questa guida spieghiamo quindi come funziona il ricorso in commissione tributaria e mettiamo a disposizione un fac simile da scaricare.
Parliamo nello specifico dei giudizi che si svolgono davanti alle Commissioni Tributarie Provinciali in primo grado e alle Commissioni Tributarie Regionali in secondo grado. Oggetto di tali ricorso possono essere gli atti notificati dall’Agenzia delle Entrate e le cartelle di pagamento emesse da Equitalia, l’istituto di riscossione attivo fino a poco tempo fa in quasi tutta Italia, ma che con la legge di Stabilità 2017 è stato inglobato nell’Agenzia delle Entrate, oltre che ipoteche e fermi auto.
Contro gli atti dell’Agenzia delle Entrate e le cartelle esattoriali dell’ex Equitalia è possibile proporre ricorso entro 60 giorni dalla data di notifica, termine perentorio e oltre il quale il ricorso stesso diventa inammissibile. Con una sentenza recente, la Corte di Cassazione ha chiarito che persino per fare valere vizi dell’atto, come la sua inesistenza, è necessario proporre ricorso entro 60 giorni, termine non previsto nei processi ordinari, per i quali l’inesistenza dell’atto può essere fatta valere in ogni stato e grado.
Tuttavia, la parte che dimostra di essere incorsa in una decadenza per causa non ad essa stessa imputabile può fare appello all’applicazione della regola del processo civile ordinario, chiedendo di essere riammessa nel processo tributario. Dal gennaio 2016 è stata istituita una nuova istanza reclamo per gli atti impugnati dinnanzi alle Commissioni Tributarie Provinciali e il cui valore sia inferiore a 20.000 euro. In questi casi, si apre una nuova fase amministrativa della durata di 90 giorni, nel corso della quale sono sospesi i termini per il pagamento e la riscossione. Essa può concludersi con l’accoglimento del reclamo presentato dal contribuente o con una proposta di mediazione tra contribuente ed ente impositore.
Gli atti impugnabili con la nuova fase amministrativa sono gli avvisi di accertamento, di liquidazione, sanzioni, le iscrizioni a ruolo, il rifiuto espresso o tacito della restituzione dei tributi, le sanzioni pecuniarie e gli interessi o altri accessori non dovuti, il diniego o la revoca di agevolazioni o rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari, ogni altro atto per cui la legge prevede l’impugnabilità dinnanzi alle commissioni tributarie.
La parte che si costituisce per prima in giudizio o che per i casi di espropriazione richiede l’assegnazione o la vendita di beni pignorati, deve provvedere al pagamento unificato. La ricevuta di pagamento deve essere allegata all’atto e inserirla nel fascicolo d’ufficio. Per fare in modo che il contributo venga pagato in misura corretta, è necessario che le parti indichino nel primo atto difensivo il valore della causa. In assenza di tale specificazione, il contributo unificato viene commisurato allo scaglione più alto previsto. Le parti devono anche indicare il codice fiscale, il numero di fax e l’indirizzo di Posta Elettronica Certificata del difensore, in assenza dei cui dati il contributo viene aumentato della metà.
Il ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale non preclude che il contribuente possa anche ricorrere all’autotutela, impugnando l’atto dinnanzi all’Agenzia delle Entrate o ad Equitalia, per esempio, se si ritiene che le somme sollecitate non siano dovute. Bisogna, tuttavia, fare attenzione alla tempistica, perché tale impugnazione non interrompe i termini dei 60 giorni entro cui deve essere proposto ricorso dinnanzi alla Commissione Tributaria Provinciale e quelli entro cui deve avvenire il pagamento, salvo riscossione coattiva.
Dunque, quando il contribuente ritiene che una somma richiestagli dall’Agenzia delle Entrate o Equitalia non sia dovuta in tutto o in parte, può ricorrere alla Commissione Tributaria Provinciale, ma facendo attenzione ai corsi della procedura. Infatti, per le cause dal valore sottostante superiore ai 3000 euro è obbligatorio farsi assistere da un difensore, ma bisogna anche considerare che nel caso si perda la causa si viene chiamati al pagamento delle spese.
Come anticipato sopra, dal 2016 sono state introdotte importanti novità per le cause di valore non superiore ai 20000 euro. In questi casi, il ricorso produce anche gli effetti del reclamo e può contenere una proposta di mediazione con l’ente impositore. Tra l’altro, tale novità è stata estesa a tutti gli atti del valore massimo di 20.000 euro, non solo a quelli emessi dall’Agenzia delle Entrate, consentendo la conciliazione giudiziale anche per i processi successivi al primo grado. Consentito anche il ricorso in Cassazione contro le sentenze emesse dalla Commissione Tributaria Provinciale, mentre è stato innalzato a 3000 euro il valore delle cause per le quali si può rimanere in giudizio senza assistenza.
Il processo di primo grado ha luogo davanti alla Commissione Tributaria Provinciale contro gli atti dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia, mentre quello di secondo grado si svolge dinnanzi alla Commissione Tributaria Regionale territorialmente competente contro le sentenze della Commissione Tributaria Provinciale. In pratica, la parte soccombente può decidere di ricorrere alla Commissione Tributaria Provinciale contro la sentenza di primo grado, nel caso non abbia per nulla o in parte soddisfatto. Infine, contro le sentenze della Commissione Tributaria Regionale è possibile ricorrere in Cassazione, ma se vi è accordo tra le parti è consentito il ricorso direttamente in Cassazione anche contro le sentenze di primo grado.
Il processo tributario inizia con l’impugnazione di un atto dell’Agenzia delle Entrate entro 60 giorni dalla sua notifica, entro 90 giorni per le richieste di rimborso a cui l’ente non ha dato risposta. I termini per proporre ricorso sono sospesi per tutto il mese di agosto. Nel ricorso devono essere indicati la Commissione Tributaria Provinciale a cui ci si è rivolti per l’impugnazione, i dati del ricorrente e del suo eventuale assistente legale, il domicilio eventualmente eletto nel territorio italiano o la sede legale, il codice fiscale e l’indirizzo PEC, l’ufficio contro cui è stato presentato ricorso, l’atto impugnato e l’oggetto della domanda, le ragioni.
Se manca anche solo uno degli elementi sopra indicati, con l’eccezione del codice fiscale e della PEC, il ricorso è inammissibile. Il ricorso deve essere notificato all’ente che ha emesso l’atto impugnato, attraverso consegna diretta o anche per posta, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ricevimento, così come a mezzo di un ufficiale giudiziario.
Entro 30 giorni dalla notifica del ricorso, il contribuente deve costituirsi in giudizio, ovvero deve depositare o inviare alla Commissione Tributaria Provinciale l’originale del ricorso notificato o copia del ricorso consegnato o spedito per posta. Per le liti sottoponibili alla mediazione, il termine decorre dai 90 giorni dalla notifica all’ente impositore. Attenzione, perché il fatto che si presenti ricorso non implica anche che il contribuente sia temporaneamente esentato del tutto a versare le somme richieste. Per esempio, in materia di IVA e delle imposte dirette, l’impugnazione di un avviso di accertamento non esenta il contribuente dal versare un terzo delle imposte contestate, interessi inclusi. Chiaramente, se il contribuente vince il ricorso, il tributo versato in eccedenza rispetto a quello stabilito dalla Commissione tributaria viene restituito, comprensivo di interessi, entro 90 giorni dalla notifica della sentenza.
Quanto alla misura del contributo unificato, esso viene fissato in 30 euro per le controversie dal valore fino a 2582,28 euro, in 60 euro per quelle da 2582,28 a 5000 euro, in 120 euro per quelle tra 5000 e 25000 euro e liti dal valore non determinabile, in 250 euro per quelle da 25000 a 75000 euro, in 500 euro per quelle da 75000 a 200000 euro, in 1500 euro per quelle superiori a 200000 euro.
Nella pagina mettiamo a disposizione anche un fac simile di ricorso commissione tributaria che può essere scaricato e utilizzato per le proprie esigenze.