Atti Processuali – Cosa Sono

Il processo si attua mediante l’esercizio dei poteri giudiziari mediante atti processuali, per cui si parla di procedimento o nesso procedurale con riferimento al susseguirsi di tali atti e poteri nell’ambito del giudizio.

Il processo è, dunque, una situazione dinamica che si articola mediante una serie di atti disciplinati nel processo stesso (c.d. atti processuali) di cui al Titolo VI del c.p.c.

La forma dell’atto processuale è la sua estrinsecazione in un comportamento esteriore oggettivamente individuabile ed apprezzabile e che si contrappone alla sua sostanza o contenuto, ossia la sua materia.

Forma e contenuto degli atti processuali sono tra loro coordinati, in quanto ciascun atto processuale è considerato dalla legge in riferimento ad una determinata forma rispetto ad una specifica materia (forma – contenuto).

In particolare, la legge processuale si occupa della disciplina delle forme di tali atti e dei relativi effetti, in quanto si afferma la necessità di contare sulla validità obiettiva degli atti processuali propri o altrui al fine della validità del giudizio stesso.

La disciplina della forma degli atti processuali, dunque, risponde al raggiungimento degli scopi sostanziali degli atti ed il processo compensa l’assenza della disciplina della formazione della volontà e degli scopi soggettivi perseguiti dalle parti rispetto al diritto sostanziale posto a fondamento degli stessi.

IL PRINCPIO DELLA STRUMENTALITA’ DELLE FORME O DELLA CONGRUITA’ DELLE FORME ALLO SCOPO E IL PRINCIPIO DELLA LIBERTA’ DELLE FORME

La disciplina legislativa della forma degli atti processuali si ispira al principio della congruità delle forme allo scopo obiettivo dell’atto, ossia alla sua funzione che esso deve assolvere nell’ambito del processo.

Dunque, le forme prescelte dal legislatore sono considerate le più idonee al conseguimento dello scopo che s’intende raggiungere e tale fenomeno è indicato con il termine formalismo.

Tale principio è enunciato indirettamente dagli artt. 12 e 131 con riguardo agli atti di cui non siano disciplinate le rispettive forme, in quanto siano invece compiuti con le forme più idonee al raggiungimento dello scopo perseguito dal legislatore considerandoli nell’ambito processuale.

Le norme assolvono ad una funzione di chiusura del sistema, in quanto alle parti non è dato il potere di determinare qualsivoglia tipo di atto processuale se non quelli che sono previsti in funzione dello scopo.

La libertà delle forme degli atti processuali è, dunque, circoscritta alla congruità degli atti processuali rispetto allo scopo e s’identifica con la forma prescritta dal legislatore anche quando il legislatore ha omesso di disciplinare le forme degli atti, per cui si considerano le forme più idonee al raggiungimento dello scopo.

ALCUNE REGOLE GENERALI: LA LINGUA ITALIANA, ORALITA’ (UDIENZE), CONTENUTO DI ALCUNI ATTI

Nel processo è prescritto l’uso della lingua italiana, per cui se deve essere sentito una persona che non conosce la lingua italiana, il giudice deve nominare un interprete o un traduttore per l’esame dei documenti redatti in lingua straniera.

Gli atti processuali possono essere estrinsecati in forma orale e l’oralità è la manifestazione tipica degli atti nel processo.

Costituisce una variante a tale regola il documento informatico di cui all’art. 1 del DPR n. 445/ 2000, in quanto “ rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”.

Invero, ai sensi dell’art. 4 del DPR n. 123/ 2001 “tutti gli atti e i provvedimenti del processo possono essere compiuti come documenti informatici sottoscritti con firma digitale” dalle parti o dal giudice o dal cancelliere.

Le udienze costituiscono il momento d’incontro tra giudice e le parti.

L’udienza è diretta dal singolo giudice o dal presidente del collegio, se udienza collegiale, il quale regola la discussione.

L’udienza può essere:

privata se svolta innanzi al giudice istruttore;

pubblica, se si tratta di udienza in cui si svolge la causa.

Dell’udienza è data redazione mediante processo verbale redatto dal cancelliere sotto la direzione del giudice.

I TERMINI. LA DECADENZA E LE PRECLUSIONI

I termini indicano i periodi di tempo previsti dalla legge per il compimento degli atti processuali.

I termini assolvono alla funzione della ragionevolezza dello svolgimento del processo.

Il legislatore ha previsto i termini processuali rispondendo a diverse esigenze:

accelerare il cammino del giudizio, prevedendo che un determinato atto va compiuto entro un certo termine;

ritardare il compimento di un atto, al fine di consentire ulteriori effetti.

I termini , dunque, possono essere acceleratori o dilatatori.

-I termini acceleratori sono perentori, in quanto la loro inosservanza determina la decadenza automatica dal potere di compiere l’atto e non possono essere derogati o abbreviati neppure su accordo delle parti.

-I termini ordinatori, invece, determinano decadenza dal potere di compiere gli atti processuali in caso di loro inosservanza soltanto previo valutazione discrezionale del giudice, il quale può altresì prorogarli. Il computo dei termini processuali tiene conto del calendario comune e se trattasi di termini calcolati a giorni (o anche ad ore) si considera la regola del “dies a quo non computatur in termino”, ma si computa il “dies ad quem”.

Non si tiene conto dei giorni festivi, salvo che esso coincida con il giorno di scadenza, per cui essa è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo.

Se si tratta di giorni liberi si esclude sia il dies a quo sia il dies a quem.

Dal 1 agosto al 15 settembre di ogni anno vige la sospensione dei termini processuali e di proposizione delle domande, salvo cause in materia alimentare, procedimenti cautelari, convalida di sfratto, opposizioni all’esecuzione, dichiarazione di revoca del fallimento, cause di lavoro e previdenziali.

Nel caso in cui la legge preveda che un determinato atto debba essere compiuto a pena di decadenza in concomitanza o non oltre un altro atto, la decadenza di questo può dare luogo alla preclusione del compimento dell’altro, ossia a perdita, estinzione, consumazione della facoltà processuale, per cui non resta alla parte chiedere la possibilità della rimessione in termini o restituzione in termini nelle ipotesi previste dal legislatore.

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