L’atto unilaterale è un negozio, che consiste nella dichiarazione di volontà di una sola parte, da considerare come autonomo centro d’interessi, ovvero costituita da un solo soggetto o da più soggetti (pluripersonale). Esso non richiede la pluralità di parti per la sua costituzione.
Il codice civile, all’art.1324, stabilisce che, ove non fosse diversamente disposto, le norme che regolano i contratti si applicano anche agli atti unilaterali tra vivi con contenuto patrimoniale.
Gli atti unilaterali sono solitamente recettizi, nel senso che producono effetti con l’avvenuta conoscenza della parte alla quale sono destinati. Risulta essere condivisa l’opinione che il carattere ricettizio possa provenire non solamente da una puntuale disposizione legislativa, ma pure da una manifestazione di autonomia privata, nel senso che viene attribuito valore ricettizio anche a una disposizione, che non sarebbe tale per l’ordinamento.
Può accadere anche il caso opposto, ovvero che pur avendo un atto unilaterale carattere ricettizio per disposizione legislativa, l’autonomia privata possa decidere di sottrarlo e di renderlo, quindi, non ricettizio.
Da quanto appena visto, quindi, il carattere ricettizio di un atto unilaterale è assegnato da una disposizione normativa, che può essere rimessa all’autonomia privata. Una siffatta interpretazione, però, rischia di svuotare le norme che regolano gli atti unilaterali di significato, perché di fatto non si avrebbe una chiara distinzione tra quei negozi giuridici con carattere ricettizio e quelli che ne sono privi. Un’interpretazione più prudente potrebbe, pertanto, poggiare su una valutazione diversa, ovvero che un atto unilaterale potrebbe perdere il carattere ricettizio, qualora produce effetti giuridici essenzialmente nella sfera di colui che lo pone in essere.
L’art.1335 chiarisce che ai fini del soddisfacimento del requisito si considera la presunta conoscenza. A tale proposito, un’interpretazione ritiene che sia sufficiente che l’atto sia indirizzato al soggetto a cui è destinato, mentre l’effettiva avvenuta conoscenza ne determinerebbe semmai l’efficacia.
Secondo un’altra interpretazione, la ricezione dell’atto costituisce un requisito essenziale per la sua esistenza stessa.
Quanto alla necessità che l’atto assuma una particolare forma, sul punto possono intervenire le leggi. In assenza di specifiche previsioni, non dovrebbe essere prevista alcuna forma particolare, salvo che ne sia imposta una sacramentale, essendo sufficiente che l’atto sia comunicato in maniera idonea, relativamente allo scopo che si propone. Semmai, diventa importante verificare se la volontà manifestata contempli la partecipazione di altri soggetti o se risulta necessario tutelare il destinatario.
Occorre che il dichiarante esprima l’intenzione di portare a conoscenza del destinatario la sua volontà, in relazione alla produzione degli effetti giuridici che riguardino questo. Come abbiamo già visto, l’art.1335 c.c. stabilisce che la presunzione di conoscenza si abbia con la semplice ricezione dell’atto al domicilio del destinatario. Tale presunzione sarebbe valida, secondo un’interpretazione, non solo per le dichiarazioni inerenti il processo formativo del contratto, ma anche relativamente a ogni altra ipotesi di dichiarazione ricettizia. Un’altra dichiarazione sostiene, invece, che tale presunzione varrebbe solamente per le dichiarazioni unilaterali, destinate a produrre un contratto.
Dalla disciplina relativa alla presunzione deriva che il destinatario può confutare l’impossibilità di avere notizia della dichiarazione. Inoltre, stando sempre a un’interpretazione giuridica, qualora le parti abbiano pattuito una forma di comunicazione della volontà, il mancato rispetto di questa non andrebbe a scalfire la validità dell’atto, sempre che questo giunga al domicilio del destinatario in una forma equipollente e da ritenersi idonea, rispetto allo scopo prefisso.
Perché la dichiarazione si consideri giunta a destinazione, è necessario che si dimostri l’avvenuto recapito, salvo sempre la possibilità per il destinatario di eccepire di non essere stato nelle condizioni di venirne a conoscenza.
La dichiarazione non può considerarsi a conoscenza del destinatario, anche se fosse provata la ricezione, qualora questo fosse legalmente incapace. Si tratta di una tutela nei suoi confronti, perché rischierebbe di vanificare gli effetti dell’affidamento del medesimo, creando una discriminazione ai suoi danni. Diverso è inteso il caso di sopravvenuta incapacità naturale del destinatario, perché va contemperato qui l’interesse di questi con l’eventualità che il dichiarante fosse o meno a conoscenza dell’avvenuta incapacità al momento dell’invio della dichiarazione.
Per fare in modo che il destinatario provi di non essere stato nella possibilità di venire a conoscenza della volontà del dichiarante è necessario che si sia verificato un evento eccezionale e che la mancata conoscenza sia avvenuta senza sua colpa, in relazione al caso specifico.
Si consideri che l’atto unilaterale potrebbe comportare effetti giuridici solo positivi nei confronti di terzi, ma anche in questi casi resta possibile per il destinatario rifiutare la dichiarazione di volontà ricevuta. Per esempio, se un creditore decidesse di annullare in toto il debito di un soggetto nei suoi confronti, questo conserva il diritto di rifiutare, nonostante ne ricaverebbe solo un beneficio. Ciò è dettato dalla volontà del legislatore di tutelare anche la sfera extra giuridica dei soggetti. Qui, il debitore potrebbe non desiderare di trovarsi nella condizione di obbligato morale verso il suo creditore.