A norma dell’art.106 del codice di procedura civile, la chiamata in causa del terzo avviene mediante atto di citazione a comparire nell’udienza fissata dal giudice istruttore. Il convenuto che intende chiamare in causa un terzo è tenuto, pena la decadenza, a farne richiesta nella comparsa di risposta, contestualmente chiedendo al giudice di rinviare la data della prima udienza, in modo da consentirne la citazione ai sensi dell’art.163-bis.
Il giudice con decreto fissa la data per la nuova udienza entro i successivi cinque giorni. Il cancelliere lo comunica alle parti costituite, mentre la citazione è notificata al terzo a cura del convenuto.
Qualora, in seguito alle difese svolte dal convenuto nella comparsa di citazione, sia sorto in questi l’interesse a citare in causa un terzo, a pena di decadenza, deve farne richiesta al giudice istruttore nella prima udienza. Questo provvede a fissare la data per la nuova udienza, allo scopo di consentire la citazione del terzo nei termini stabiliti dall’art.163-bis. La citazione è notificata al terzo entro il termine perentorio fissato dal giudice.
La parte che cita in causa un terzo deve depositare la citazione notificata entro il termine fissato dall’art.165, mentre il terzo deve costituirsi a norma dell’art.166.
Per terzo si intende un soggetto non parte del giudizio pendente, ma che è titolare di una situazione soggettiva a esso ricollegabile. La chiamata in causa da parte del convenuto non deve essere autorizzata dal giudice, a differenza di quella richiesta dall’attore. Il giudice non può autorizzare la chiamata in causa di un terzo dopo la prima udienza, nemmeno nel caso che sia sorto l’interesse della parte convenuta a processo in corso, a seguito della difesa avversaria o dell’espletamento dell’istruttoria.
Quanto al concetto di prima udienza, in questo caso si fa riferimento alla sostanza e non alla forma o alla cruda cronologia, intendendosi la prima occasione utile per la trattazione della causa, non anche quella di mero rinvio.
L’opportunità che il terzo intervenga in causa a istanza dell’attore è rimessa alla mera discrezione del giudice di merito, la cui decisione, quale che sia, non può essere oggetto di impugnazione.
Il provvedimento del giudice di autorizzazione a chiamare in causa un terzo non ha natura decisoria, per cui non è suscettibile di essere di essere considerato una cosa giudicata, per cui la mancata concessione di un nuovo termine nel caso dell’infruttuoso decorso del termine originariamente fissato comporta la revoca dell’autorizzazione e così come la mancata concessione del termine originario non può essere impugnata o denunciata in sede di appello o di legittimità, rientrando nelle prerogative esclusive del giudice di primo grado.
Nel caso in cui una delle parti abbia citato direttamente in giudizio un terzo, senza l’autorizzazione del giudice, la nullità della chiamata in causa si ritiene sanata dalla citazione in giudizio, qualora il terzo non abbia sollevato alcuna eccezione nel primo atto difensivo.
La parte che non abbia rispettato i termini previsti dall’art.269 per la chiamata in causa del terzo non può denunciare in sede di appello o in cassazione la mancata concessione di un nuovo termine per dare corso a detta chiamata, rientrando l’atto nelle prerogative esclusive del giudice di primo grado.
Dunque, in tema di chiamata in causa di un terzo su istanza del convenuto, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario, il provvedimento del giudice è del tutto discrezionale per la fissazione di una nuova udienza, finalizzata a consentire la citazione del terzo. Pertanto, questi potrebbe anche rifiutarsi di fissare un termine per la nuova udienza, nonostante la parte in causa abbia chiesto tempestivamente la citazione.
La giurisprudenza è quasi unanime nel ritenere che la discrezionalità del giudice sia piena, restando isolata la posizione del Tribunale di Cremona, secondo il quale, una volta che il giudice abbia accertato il presupposto della connessione oggettiva e il rispetto del termine assegnato al convenuto per chiedere la chiamata del terzo, sia tenuto ad accogliere l’istanza.
In effetti, per quanto isolata sia la posizione del suddetto Tribunale, in merito a una causa per una vacanza non goduta, in cui l’agenzia di viaggi convenuta chiedeva la fissazione di una nuova udienza, chiamando in causa la società organizzatrice del pacchetto turistico, non pare irragionevole. Leggendo l’art.269, secondo comma, c.p.c., ci s’imbatte nella seguente espressione, Il giudice istruttore … provvede con decreto a fissare la data della nuova udienza. L’espressione perentoria pare suggerire che esso non abbia un vero potere discrezionale, ma anzi che sia suo dovere fissare il nuovo termine per la nuova udienza, una volta accertata la sussistenza delle condizioni richieste. Nel prosieguo del medesimo articolo, al terzo comma, si legge anche che il giudice istruttore, se concede l’autorizzazione, fissa una nuova udienza, per cui si ha la constatazione che il giudice ha la possibilità di negare tale autorizzazione, in contrasto con quanto sembra emergere dal comma precedente.