La terza sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8959 del 05.09.2016, aggiunge un altro pronunciamento a un tema piuttosto dibattuto e di assoluto rilievo, l’ultrattività del mandato difensivo, fornendo al contempo utili spunti di difesa ed esaustivi chiarimenti sui limiti dei poteri rappresentativi del procuratore della parte processuale.
Questa volta il caso sottoposto ai giudici di Piazza Cavour riguarda la nullità del pignoramento dichiarata in sede di opposizione agli atti esecutivi dal Tribunale di Salerno, per difetto dello ius postulandi del procuratore della parte creditrice, in quanto deceduta prima dell’inizio della procedura esecutiva.
Ricorrono alla Suprema Corte, per la cassazione della sentenza, gli eredi della parte creditrice e l’avvocato di quest’ultima, condannato in solido ai primi al pagamento delle spese del giudizio di opposizione, sostenendo che vi sarebbe un intimo collegamento tra la fase esecutiva afferente il titolo di formazione giudiziale e quella di cognizione nella quale si è formato il titolo stesso, con la conseguenza che la procura rilasciata per il giudizio di cognizione e per la successiva fase esecutiva, varrebbe per quest’ultima anche in caso di decesso della parte intervenuto prima dell’inizio del processo esecutivo. Sostengono, ancora, i ricorrenti che in ogni caso il Tribunale avrebbe dovuto concedere un termine per regolarizzare il rapporto processuale, in quanto la carenza di procura sarebbe suscettibile di ratifica con effetto ex tunc (che nella specie vi sarebbe stata con la costituzione in giudizio degli eredi della creditrice deceduta).
La questione concernente la permanente efficacia della procura alle liti nel caso in cui la parte rappresentata muoia prima dell’inizio del processo esecutivo, è stata già affrontata dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 1760 dell’8 febbraio 2012, che nel dichiarare la nullità del precetto intimato dal procuratore della parte deceduta molti anni prima, ha affermato che il principio di ultrattività del mandato alle liti opera solo all’interno della fase processuale in cui l’evento si è verificato, con la conseguenza che, esaurito il grado in cui l’evento morte non dichiarato si è verificato, la legittimazione attiva e passiva compete solo alle parti reali e viventi. (Cfr. Cass. S.U. 13 marzo 2013 n. 6070; Cass. Civ. 9 agosto 2010, n. 18485; Cass. Civ. 19 marzo 2009, n. 6701; Cass. Civ. ord. 5 marzo 2009 n. 5387; oltre che Cass. S.U. 16 dicembre 2009 n. 26279 tutti pronunciati in linea di continuità con Cass. S.U. 10 maggio 2006 n. 10706 e Cass. S.U. 28 luglio 2005 n. 15783).
Nel 2014 l’orientamento muta radicalmente con l’ulteriore intervento della Sezioni Unite, che con la sentenza del 4 luglio 2014 n. 15295, ripropone la teoria della ultrattività del mandato affermando il seguente contrario principio di diritto: «In caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l’omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest’ultimo comporta, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione. Tale posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale di quella divenuta incapace, ovvero se il suo procuratore, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza, o notifichi alle altre parti, l’evento, o se, rimasta la medesima parte contumace, esso sia documentato dall’altra parte o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ex art. 300, quarto comma, cod. proc. civ.>>.
In particolare, le Sezioni Unite questa volta confutano gli argomenti contrari al principio della ultrattività del mandato alle liti, affermando che tale principio non costituisce un’eccezione rispetto alle regole civilistiche concernenti il mandato, tant’è che a mente dell’art. 1728 c.c., comma 1, quando il mandato si estingue per morte o incapacità sopravvenuta del mandante, il mandatario che ha iniziato l’esecuzione deve continuarla, se vi è pericolo nel ritardo o quando a suo giudizio vi sia l’eventualità di un pregiudizio per l’affare o per la buona riuscita dello stesso, all’uopo agendo quale gestore di negozi; così come, in sostanza, il difensore continua a gestire la lite per la parte defunta o divenuta incapace secondo la sua discrezionale scelta difensiva mirante al buon esito della controversia.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8959 del 05.05.2016 ritorna sul tema, affermando che il principio enunciato dalle Sezioni Unite fa esclusivo riferimento al processo ordinario di cognizione e quindi non si applica al caso in cui la procura debba essere utilizzata dopo la morte della parte per iniziare il processo esecutivo.
In tale ipotesi, infatti, il principio della ultrattività non opererebbe, costituendo il procedimento di espropriazione forzata un nuovo e diverso processo compiutamente regolato in ogni suo aspetto dalle relative disposizioni del codice di procedura civile.
In particolare, secondo la Corte, l’estensione alla fase esecutiva della procura rilasciata per il giudizio di merito nel quale si è formato il titolo esecutivo, opera se il soggetto nel cui interesse deve essere iniziata e proseguita l’azione esecutiva sia ancora in vita e dotato di capacità processuale, atteso che per regola generale il mandato si estingue per la morte, l’interdizione o l’inabilitazione del mandante o del mandatario, mentre le eccezioni si giustificano ogniqualvolta l’attività, del cui compimento è incaricato il mandatario, debba essere portata tempestivamente a compimento per scongiurare un pericolo nel ritardo ovvero, a suo criterio, vi sia l’eventualità di un pregiudizio per l’affare o per la buona riuscita dello stesso, o ancora si tratti di un’attività da compiersi anche nell’interesse del mandatario o di terzi.
In tali ipotesi, il mandatario è legittimato a compiere di sua iniziativa solo gli atti urgentissimi che siano indispensabili a evitare decadenze, mentre per il resto egli ha il preciso obbligo professionale di individuare immediatamente i successori o il rappresentante del suo cliente per informarli dello stato della causa, illustrare la strategia difensiva e ricevere disposizioni in merito. In difetto, sarà responsabile in via civile e disciplinare per qualsiasi pregiudizio derivante al cliente dalla sua colpevole condotta.
Nessuna di tali eventualità, secondo la Corte, si determina nel caso in cui la parte assistita muore prima dell’inizio del processo esecutivo, in quanto in questo caso non si tratta di continuare a gestire la lite per la parte defunta (o divenuta incapace), ma di iniziare un nuovo processo, la valutazione della cui convenienza non può essere rimessa alla scelta discrezionale del difensore incaricato di seguire il giudizio di cognizione, imponendosi per quest’ultimo l’assunzione di un nuovo mandato rilasciato dai successori o rappresentanti del cliente colpito dall’evento menomante.
Per quanto sopra, la Cassazione ha affermato il seguente
PRINCIPIO DI DIRITTO
“Sebbene la procura conferita dalla parte al difensore nel processo di cognizione, in difetto di espressa limitazione (e particolarmente quando sia specificato che i poteri del difensore si estendono ad ogni stato e grado del procedimento), attribuisca lo ius postulandi anche in relazione al processo di esecuzione, tuttavia questo potere viene meno in caso di morte o perdita di capacità della parte intervenuta nel corso del processo di cognizione (e non dichiarata nè notificata) o prima della notificazione del precetto e dell’inizio dell’esecuzione, non operando il principio di ultrattività del mandato alle liti nei rapporti tra il processo di cognizione ed il processo di esecuzione; derivandone che, a prescindere dalle vicende del processo in cui l’evento morte non dichiarato si è verificato, la legittimazione attiva all’azione esecutiva sulla base del titolo esecutivo formatosi in quel processo compete solo ai successori o rappresentanti della parte colpita dall’evento menomante, che, per farsi rappresentare e difendere in sede esecutiva, devono rilasciare una nuova procura alle liti“.
Conseguentemente, è affetto da nullità insanabile, rilevabile anche d’ufficio, l’atto di pignoramento notificato in forza della procura rilasciata dalla parte poi deceduta, non valendo nella specie neppure la sanatoria o la ratifica del mandato nel corso del procedimento esecutivo (così Cass. n. 10497/06 cit., nonchè Cass. n. 15903/11 e Cass. ord. n. 23390/14, ma cfr. già Cass. S.U. n. 11178/95 e ord. n. 4652/08).
Neppure è applicabile, secondo la Cassazione, l’art. 182 secondo comma c.p.c. (introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69), secondo cui il giudice che rilevi la nullità della procura, assegna un termine per il suo rilascio o per la rinnovazione della stessa. Infatti, oltre a essere tuttora controversa l’operatività della riferita disposizione nel processo di esecuzione e nel caso in cui manchi del tutto la procura, nel caso di specie il processo esecutivo era iniziato prima dell’entrata in vigore della norma enunciata, che non ha portata retroattiva (Cass. ord. n. 26465/11)
Corretta è, infine, la statuizione del giudice di merito che ha condannato l’avvocato, in proprio, al pagamento delle spese dell’opposizione.
Sul punto la Cassazione richiama la pronuncia a Sezioni Unite n. 10706/06, secondo cui “in materia di disciplina delle spese processuali, nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (come nel caso di inesistenza della procura ad litem o falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l’atto è speso), l’attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio; diversamente, invece, nel caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura ad litem, non è ammissibile la condanna del difensore alle spese del giudizio, in quanto l’attività processuale è provvisoriamente efficace e la procura, benchè sia nulla o invalida, è tuttavia idonea a determinare l’instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo“.
Ebbene, per la Cassazione, si applica al caso sottoposto al suo esame la prima delle due ipotesi considerate dalle Sezioni Unite, in quanto la condanna alle spese processuali è stata pronunciata nel giudizio di merito dell’opposizione esecutiva e non nel processo di esecuzione. Infatti, se rispetto al processo esecutivo la procura non è mancante ab origine perché rilasciata dalla parte costituita nel giudizio di cognizione anche per svolgere l’azione esecutiva, lo stesso non può dirsi per il giudizio di opposizione, in quanto l’avvocato ha resistito nel processo di merito continuando a spendere la procura oramai inefficace per l’intervenuto decesso della cliente.
IN CONCLUSIONE
Il procedimento di esecuzione forzata è un processo nuovo e distinto da quello di cognizione, quindi, nel caso di decesso o di perdita della capacità della parte rappresentata, l’avvocato non può azionare il processo esecutivo anche se il mandato era stato rilasciato senza limitazioni;
Se si agisce esecutivamente senza l’assunzione di un nuovo mandato rilasciato dai successori o rappresentanti del cliente colpito dall’evento menomante, il pignoramento è affetto da nullità insanabile;
Per far valere la nullità del pignoramento, non si applica il termine decadenziale previsto per l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., comma 2, potendo la perdurante mancanza di una valida procura essere rilevata e dichiarata dal giudice dell’esecuzione in qualsiasi momento del procedimento anche senza l’impulso di parte, che in ogni caso “…non ha natura di opposizione esecutiva, perché non è volta a far rilevare la nullità di un singolo atto del processo né è necessaria per impedire che tale nullità resti sanata” (così, di recente Cass. n. 15903/11 e Cass. ord. n. 23390/14, ma cfr., già, Cass. S.U. n. 11178/95 e ord. n. 4652/08).
Il difetto di procura è insanabile e non ratificabile nel caso di notifica dell’atto di pignoramento, in quanto è atto di inizio del processo esecutivo ed ha valore di domanda giudiziale introduttiva del processo di espropriazione (cfr. Cass. n. 5368/03)
E’, altresì, controversa l’applicabilità dell’art. 182 comma 2 c.p.c. nel processo di esecuzione (essendo norma dettata per il processo di cognizione) e nel caso in cui la procura manchi del tutto