Contratto di Permuta – Fac Simile e Guida

La permuta è il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro. Risulta essere quanto recita l’art.1552 del Codice Civile, che nei fatti fornisce una definizione più evoluta del concetto di baratto.

Sul piano normativo esistono alcuni elementi fondamentali, per fare in modo che il contratto di permuta sia valido. Esse sono
-L’accordo tra le parti, quando accettano le condizioni contrattuali.
-La causa, ovvero la funzione economico sociale del contratto stesso e che deve certamente essere conforme alle leggi in vigore e non contrastare con l’ordine pubblico.
-La forma, ovvero le modalità attraverso le quali il contratto viene esteriorizzato e che in sua mancanza può determinarne la nullità.
-L’oggetto, che nel caso della permuta è lo scambio o baratto tra due beni o diritti.

La permuta è un contratto a forma libera, però ove sia immobiliare deve, secondo le norme generali (art. 1350 c.c.), essere stipulata in forma scritta. Tuttavia, come spiegato in questa guida sul contratto di permuta pubblicata su Icontratti.com, non deve necessariamente risultare da atto analogo il pagamento dell’eventuale conguaglio in danaro, dovuto da una delle parti permutanti, potendo la solutio essere dimostrata, come ogni altro negozio, a mezzo di prova testimoniale

Vediamo quale risulta essere la differenza sostanziale tra un contratto di vendita e uno di permuta. Nel primo esiste uno scambio tra beni e servizi contro un corrispettivo in denaro, per cui i beni o servizi scambiati vengono valutati sulla base di un prezzo concordato tra le parti. Con la permuta, non si ha corrispettivo, se non eventualmente per una parte residuale o conguaglio, perché avviene uno scambio tra beni e servizi tra due contraenti. In altre parole, nella permuta il corrispettivo in denaro manca del tutto, permuta pura, o esiste solo per una parte minoritaria, perché essenzialmente si ha scambio tra beni e servizi valutati sullo stesso piano.

Il Codice Civile del 1942 ha deciso, quindi, di conservare l’istituto della permuta, nonostante già allora fosse poco utilizzato. Oggi, a maggiore ragione, parliamo di un contratto poco diffuso, avvenendo in assenza di moneta, ma che non per questo non riveste una sua importanza in un’economia di mercato. Facciamo un esempio, ipotizziamo che Tizio abbia raccolto dal proprio campo 1.000 kg di pomodori e che sia allettato dallo scambiarli con l’olio di oliva prodotto dal proprietario Caio del terreno confinante. Invece che passare per un pagamento monetario, le parti potrebbero accordarsi per valutare i 1000 kg di pomodori alla stregua di 100 litri di olio. Tizio consegnerà i suoi pomodori a Caio e questi, in cambio, gli cederà i 100 litri di olio d’oliva. Nello scambio non è avvenuta alcuna transazione in moneta, anche se questa avrebbe potuto fare la sua comparsa in misura non preponderante.

Sempre nell’esempio precedente, ipotizziamo che Tizio sia in possesso dei 1000 kg di pomodori appena raccolti, mentre Caio detiene olio di oliva da lui prodotto per soli 80 litri. Visto che 1000 kg di pomodori vengono da entrambi valutati pari a 100 litri di olio di oliva, Tizio potrebbe accettare gli 80 litri e concordare con Caio il saldo in moneta della differenza, ovvero dei restanti 20 litri, che ai prezzi di mercato, per ipotesi, sarebbe pari a 100 euro. Dunque, Tizio ha consegnato a Caio 1.000 kg di pomodori, ottenendo in cambio 80 litri di olio e 100 euro. Lo scambio effettuato è sempre quello di una permuta, ma non pura, ovvero almeno in parte regolata in moneta.

Vediamo che senso ha un contratto di permuta in un’economia evoluta quale la nostra, dove la moneta funge da mezzo di scambio e, addirittura, viene in misura crescente sostituita dai pagamenti elettronici, ovvero effettuati con carte di credito, bancomat, ma anche assegni. In teoria, quasi nessuno. Nella pratica, così non è. In primo luogo, perché in ogni società, anche la più avanzata tecnologicamente, una parte anche minima degli scambi avviene con il metodo della permuta o baratto. Secondariamente, potrebbe sempre esistere la convenienza a regolare gli scambi con la permuta, nel caso di carenza di moneta in possesso delle parti o di esplosione incontrollata dei prezzi.

Se Tizio possiede un immobile e vuole trasferirsi in un’altra località, puntando ad acquistare un immobile da Caio, supponendo che Caio a sua volta trovasse interessante acquistare l’immobile di Tizio, invece che dare origine a due contratti separati di compravendita, potrebbero decidere di scegliere immediatamente per la permuta, regolando eventualmente solo per la differenza di valore tra i due immobili. La permuta sarebbe ancora più allettante, considerando che magari Tizio e Caio non sarebbero altrimenti in possesso della liquidità necessaria e, pertanto, non avrebbero l’opportunità di effettuare le due cessioni incrociate, avendo necessità di monetizzare ricorrendo a terzi acquirenti.

Più in generale, si immagini un’economia dove per una qualche ragione i prezzi di beni e servizi diventano fuori controllo. I pomodori di cui nell’esempio di prima diventerebbero ogni giorno più costosi, così come l’olio di oliva. Se l’esplosione dei prezzi fosse davvero a livelli elevati, l’uso della moneta per gli scambi non avrebbe più alcun significato, per cui diverrebbe più pratico scambiare beni contro altri beni, essendo con ogni probabilità i rapporti tra i loro valori di mercato rimasti sostanzialmente inalterati.

La permuta è un istituto vigente anche negli scambi internazionali. Esistono quattro tipologie.
-Barter, che si ha con lo scambio di beni e servizi senza passaggio di denaro,
-Cunter purchase, quando l’importatore è tenuto non solo a consegnare beni e servizi alla controparte, ma anche a regolare lo scambio con un conguaglio in denaro.
-Buy back, quando una parte importa tecnologia e si impegna a pagarla per una parte in denaro e per l’altra con la consegna di beni prodotti grazie alla tecnologia utilizzata.
-Commercial compensation, ovvero con la compensazione di un bene contro un altro.

Con l’articolo 1553 c.c. viene normato anche il caso di evizione, ovvero di perdita del diritto dell’acquirente per i diritti vantati da terzi. Il permutante, se ha sofferto l’evizione e non intende riottenere la cosa data, ha diritto al valore della cosa evitta, fatto salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno. In pratica, se Tizio cede a Caio 1.000 kg di pomodori in cambio di 100 litri di olio d’oliva, ma scopre successivamente che questi erano stati già venduti a terzi, i quali reclamano la consegna, egli ha a disposizione due strade, richiedete indietro la cosa data oppure farsi consegnare un valore monetario corrispondente alla cosa data. Nel caso specifico, potrebbe pretendere, per ipotesi, il pagamento di 500 euro, prezzo corrispondente a 1000 kg di pomodori consegnati a Caio.

All’art.1554, infine, viene stabilito il principio della suddivisione in parti uguali delle spese relative alla permuta, salvo patto contrario, a differenza del caso della vendita, dove esse sono a carico interamente dell’acquirente.

Un caso particolare di permuta è quella agraria o immobiliare, che viene utilizzata quale scappatoia per evitare l’eventuale diritto di prelazioni di vicini, siano essi proprietari di appezzamenti agricoli o di immobili confinanti. In pratica, quando si decide di vendere a terzi un immobile o un fondo, il vicino di casa o il proprietario del fondo confinante possiede il diritto di prelazione, ovvero di aggiudicarsi il bene a parità di condizioni. Se il cedente volesse evitare per una qualche ragione tale scenario, può concordare o simulare con l’acquirente un contratto di permuta, ovvero lo scambio con altri beni di proprietà di questo, non necessariamente della stessa natura, con la conseguenza di neutralizzare le pretese del titolare del diritto di prelazione.

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