Costituzione Formale e Costituzione Materiale

La Costituzione è la carta fondamentale di uno Stato, che contiene regole e principi su cui si fondano la convivenza civile e il funzionamento delle istituzioni. In Italia, la Costituzione è stata scritta tra il 1946 e la fine del 1947, sulla base di un mandato assegnato dagli elettori con suffragio universale il 2 giugno 1946, lo stesso giorno in cui tramite referendum prevalse la forma repubblicana sulla monarchia. Risulta essere entrata in vigore nel gennaio 1948 ed è giunta quasi intatta fino ad oggi, salvo poche modifiche.

In genere, nel dibattito politico, ma anche accademico, si suole distinguere tra Costituzione formale e Costituzione materiale. In questa guida vi spieghiamo in sintesi e con semplicità la differenza tra i due concetti. Iniziamo da una premessa, non vi è alla base una distinzione tra due diverse tipologie di carte. Quando parliamo di Costituzione formale, facciamo riferimento all’insieme delle norme e dei principi contenuti nella nostra Carta. Insomma, è il documento scritto, che è costituito nel nostro caso da 139 articoli. Pertanto, si suole anche affermare che quella italiana sia una Costituzione lunga. In passato, non è sempre stato così, perché la carta fondamentale di una nazione, magari sotto una monarchia costituzionale, si limitava a regolare il funzionamento basilare delle istituzioni, limitando i poteri del sovrano verso l’assemblea elettiva e assegnando ai sudditi diritti basilari incomprimibili. Nei secoli, specie tra Ottocento e Novecento, abbiamo assistito a un passaggio da costituzioni di stampo liberali ad altre maggiormente di stampo socialdemocratico. In altri termini, le costituzioni che oggi vigono nella maggioranza degli ordinamenti democratici non si limitano ad enunciare pochi principi e a regolare il funzionamento dei vari organi dello stato, ma puntano a indirizzare il legislatore verso un determinato assetto economico sociale, occupandosi di tematiche che tipicamente non erano affrontate dalle costituzioni liberali.

Così, per esempio, all’art.3 della Costituzione italiana, al secondo comma, dopo che è stata sancita l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, indistintamente da sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali, viene introdotto un concetto, che oggi ci appare quasi scontato, ma che ai tempi poteva essere definito rivoluzionario, ovvero che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Vediamo cosa contengono di così rivoluzionario queste parole. Per la prima volta, la carta fondamentale in Italia sanciva il principio per cui è obbligo per lo Stato rimuovere quegli ostacoli che nei fatti impediscono ai cittadini di essere uguali davanti alla legge. L’uguaglianza formale è stato un concetto basilare per tutte le costituzioni liberali, ma spesso rimaneva privo di significato concreto nella quotidianità, in quanto le disparità di partenza sul piano economico e sociale tra i cittadini non erano facilmente sormontabili. La nostra Costituzione repubblicana, invece, stabilisce che l’uguaglianza va perseguita in maniera sostanziale. Per fare un esempio concreto, l’istruzione gratuita obbligatoria non potrebbe mai essere rimossa da alcuna maggioranza parlamentare, perché contrasterebbe con un principio fondamentale della nostra Carta, essendo chiaramente l’analfabetismo una delle cause alla base delle disparità tra cittadini e che impedirebbe il raggiungimento dell’eguaglianza sostanziale.

Ora, se per il momento abbiamo spiegato il concetto di Costituzione formale, vediamo cosa intendiamo per quella materiale. Si tratta dell’applicazione, da parte delle forze politiche, dei principi enunciati nella Carta. In sostanza, una cosa sono le norme scritte, un’altra è la loro traduzione in politiche concrete. Spesso, in Italia si afferma, non a torto, che esista una forte distanza tra Costituzione formale e Costituzione materiale. Per fare un esempio, l’art 1 si apre con la seguente espressione L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. Risulta essere difficile considerarlo un principio realizzato, quando milioni di persone lamentano l’assenza di lavoro e il tasso di disoccupazione in alcune zone del nostro Paese supera persino il 50% tra i più giovani.

Risulta essere evidente che la Costituzione italiana non è stata applicata ancora oggi alla lettera, così come va detto che la stessa applicazione può prendere varie strade, perché i principi si evolvono nell’interpretazione, sia giurisprudenziale che politica, essendo soggetti ai cambiamenti anche culturali che si registrano lungo i decenni. Negli anni Settanta, peresempio, la tutela della proprietà veniva intesa in maniera più restrittiva di oggi, esposta alle limitazioni consentite dalla Costituzione per ragioni pubbliche, risentendo del clima del tempo, caratterizzato da un elevato assenso a politiche interventiste e di promozione dei diritti sociali.

In definitiva, la Costituzione materiale è l’applicazione in concreto dei principi enunciati dalla Costituzione formale, ma si evolve nel tempo e non è nemmeno detto che rispetti alla lettera la seconda, come accade spesso di constatare nella quotidianità. In ogni caso, la Costituzione formale rappresenta sempre un modello di ispirazione per gli amministratori pubblici, anche per quei principi apparentemente meno raggiungibili.

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