Diritto di Ritenzione – Guida

Il diritto di ritenzione è la capacità assegnata al creditore di trattenere una cosa, invece che restituirla al proprietario, con il fine di spingere il debitore a adempiere alla prestazione pattuita. Si tratta a tutti gli effetti di una forma di pressione, anche psicologica, finalizzata a fare in modo che un debito venga onorato. Queste situazioni sono previste dalle norme, ma possono anche essere consentite dalla libera pattuizione tra le parti.

L’art.2794 del codice civile, prevede esempio, prevede in capo al creditore pignoratizio il diritto di ritenzione. Così recita, Colui che ha sostituito il pegno non può esigerne la restituzione, se non sono stati interamente pagati il capitale e gli interessi e non sono state rimborsate le spese relative al debito e al pegno. Se il pegno è stato costituito dal debitore e questi ha verso lo stesso creditore un altro debito sorto dopo la costituzione del pegno e scaduto prima che sia pagato il debito anteriore, il creditore ha soltanto il diritto di ritenzione a garanzia del nuovo credito.

In questo caso, si parla anche di pegno gordiano, in quanto siamo in presenza di un diritto di ritenzione verso un secondo credito.

La restituzione del bene oggetto del pegno non è, quindi, possibile nel caso in cui non sia stato rimborsato il capitale e che non siano stati corrisposti anche gli interessi e le spese. Il creditore ha così il diritto a respingere qualsiasi pretesa del costituente o di altri, fino a quando non sarà interamente soddisfatto del suo credito.

Al comma 2 viene previsto, invece, il diritto per il creditore di trattenere un bene oggetto di pegno a garanzia di un secondo credito, vantato da questi nei confronti dello stesso debitore. Per fare in modo che questo diritto sia esercitabile, però, è necessario che il secondo credito sia sorto dopo la costituzione del pegno e che sia scaduto prima del soddisfacimento del credito garantito. Infine, il creditore deve avere ottenuto il nuovo credito, tenendo conto del pegno ottenuto.

La disposizione è finalizzata non a costituire una prelazione in favore dei creditori non soddisfatti, ma a spingere il debitore a adempiere alla prestazione. Dunque, come accennato prima, il diritto di ritenzione si tramuta in una forma di pressione nei confronti del debitore inadempiente.

Per fare in modo che il diritto di ritenzione sia esercitabile, è necessario che si abbia un legame diretto tra la cosa trattenuta e il debito inadempiuto. Facciamo un esempio, Tizio porta la sua auto in un’officina da Caio, ma non paga la riparazione, come dovuto. A quel punto, il meccanico Caio ha il diritto di trattenere in officina l’auto di Tizio, ovvero rifiuta di riconsegnargliela fino a quando non avrà ottenuto il pagamento.

Poniamo, però, che Caio trattenga l’auto di Tizio, in relazione a una fattura da questi non pagata, ma relativa a un’altra auto, portata in officina mesi addietro. Il diritto di ritenzione qui non c’è, perché anche se le figure del creditore e del debitore restano le stesse, la cosa trattenuta non è quella, per la quale è sorto un debito non onorato.

Nelle situazioni ordinarie le circostanze potrebbero essere così complicate da rendere di difficile interpretazione se siamo davanti a un diritto di ritenzione o a un abuso da parte del creditore. Una cosa appare certa, ovvero che il creditore ha il diritto di trattenere la cosa fino a quando non sarà soddisfatto da parte del debitore, ma niente altro potrà fare sulla medesima, cioè non potrà utilizzarla e dovrà limitarsi a custodirla e a riconsegnargliela in buono stato.

Nell’esempio sopra esposto, il meccanico non potrebbe guidare l’auto del suo debitore nel periodo di ritenzione. Dovrà trattenerla in officina e custodirla come un buon padre di famiglia.

In relazione al diritto di ritenzione, si ha anche il caso di richiesta del creditore al giudice di vendita anticipata del bene avuto in pegno e a garanzia di un credito. Potrebbe essere, infatti, nel suo interesse di vendere il bene in anticipo, ma il debitore potrebbe a sua volta avere interesse che la cosa non venga venduta, potendo opporsi alla richiesta del creditore. In questo caso, il debitore potrebbe riprendere possesso della cosa in pegno, concedendo in garanzia un altro bene al creditore, in modo da contemperare le due opposte esigenze. Da un lato, il creditore non vedrebbe mutato il tipo di garanzia in suo favore, dall’altro il debitore non assisterebbe così alla vendita della cosa precedentemente impegnata.

Riepilogando, quando il creditore non viene soddisfatto e vanta ancora l’adempimento parziale o totale della prestazione in suo favore può trattenere la cosa ottenuta in pegno fino a quando tale prestazione non sarà adempiuta. Il debitore sarà così messo sotto pressione, ma potrà opporsi alla richiesta del creditore al giudice di vendere il bene in pegno, magari concedendo in garanzia reale un altro bene. In ogni caso, il creditore è tenuto a conservare il bene per tutto il periodo della ritenzione, non utilizzandolo.

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