Con il cosiddetto decreto banche, convertito in legge il 23 giugno 2016, cambiano modi e tempi per l’esecuzione immobiliare. L’intento della nuova normativa, che a prima vista potrebbe apparire sbilanciata in favore degli istituti di credito è di velocizzare i tempi e di snellire le procedure per l’espropriazione forzata di un immobile ipotecato, con l’obiettivo di fare smaltire con maggiore rapidità i crediti in sofferenza, abbattendone i costi di recupero e in questo modo sostenere il mercato creditizio, che in Italia non si avvantaggia affatto della lentezza della giustizia, la quale unitamente a un malinteso senso di protezione del debitore, ha portato le banche a tenersi alla larga dall’erogazione di nuovi prestiti a famiglie e imprese, di fatto aggravando la crisi economica di questi ultimi anni.
Vediamo cosa prevedono le nuove norme. La stampa ha dato molto risalto alla maggiore facilità di perdere la casa ipotecata, quando si saltano almeno nove rate anche non consecutive. In questa guida, invece, porremo l’accento sulle modalità di recupero dell’immobile da parte del creditore.
Per prima cosa, il creditore che voglia richiedere al giudice la vendita forzata dell’immobile ipotecato, rientriamo nel caso di impossibilità per la banca di espropriare direttamente l’immobile, a causa del divieto sinora vigente di stipula del patto commissorio, clausola possibile, ma non obbligatoria, con i nuovi contratti, oltre che inseribile per quelli stipulati prima dell’entrata in vigore del decreto, deve depositare l’estratto del catasto entro 60 e non 120 giorni, unitamente alle certificazioni relative alle iscrizioni degli ultimi 20 anni, effettuate sull’immobile ipotecato. Tali documentazioni potranno essere sostituite da una scrittura notarile, dalla quale risultino le visure catastali e le altre trascrizioni immobiliari riscontrate.
Attenzione al termine, visto che la richiesta di pignoramento potrebbe diventare inefficace nel caso contrario. Anche il periodo ammesso per la proroga viene dimezzato a 60 giorni dagli attuali previsti di 120. Oggi è possibile richiederla su istanza del creditore o del debitore esecutato, ai fini del deposito della suddetta documentazione e per giustificati motivi. Il giudice può assegnare una proroga di 60 giorni, anche in questo caso dimezzata rispetto al termine di 120 giorni della normativa precedente, quando ritiene che la documentazione debba essere integrata.
Il giudice dell’esecuzione ha anch’esso a disposizione un termine dimezzato di 15 giorni, dai 30 precedenti, per nominare un perito, incaricato di stimare il valore dell’immobile. Anche con riferimento a questo aspetto è intervenuta una modifica interessante, perché prima dell’entrata in vigore del decreto si partiva dalla rendita catastale o dal reddito dominicale per ottenere il valore di un immobile, attraverso la moltiplicazione di questi per un coefficiente dato. Ora, invece, il perito è tenuto a trovare il presumibile valore di mercato per metro quadrato, chiaramente tenendo presenti le condizioni effettive dell’immobile stesso, della sua ubicazione, nonché delle vicissitudini giudiziarie eventualmente che lo riguardassero, comprese le morosità nei confronti del condominio per spese non pagate.
Il perito è tenuto a elencare le variazioni apportate in aumento o in diminuzione al prezzo di base per metro quadrato, giustificandole sulla base delle cause riscontrate, come appena accennato. Nella stima bisogna accennare alle spese condominiali ordinarie, quelle da versare, alle spese straordinarie già decise dall’assemblea condominiale.
Anche il processo diventa più snello, a iniziare dal giuramento del perito, chiamato ad adempiere al compito assegnatogli con fedeltà. Esso non avverrà più dinnanzi al giudice in udienza, bensì in cancelleria, firmando l’apposito atto. Inoltre, la prima udienza verrà fissata dal giudice non più entro 120, bensì entro 90 giorni, periodo entro il quale possono essere presentate proposte di acquisto dell’immobile. Il giudice deve fissare le modalità di versamento della cauzione, se la vendita deve avvenire in uno o più lotti, il prezzo di base e il termine entro il quale deve essere depositato il prezzo, non superiore ai 120 giorni.
Se sono presenti giustificati motivi, il giudice può consentire il pagamento del prezzo in modalità rateale e entro i 12 mesi, ma in questo caso potrà autorizzare l’acquirente a entrare in possesso dell’immobile ipotecato, qualora questa faccia richiesta. Ciò è possibile, purché sia prestata una fideiussione, a garanzia di almeno il 30% del prezzo di vendita. La fideiussione deve essere prestata da una banca, da un’assicurazione, da un altro intermediario e deve essere autonoma e irrevocabile. Infine, tutte le vendite dovranno essere pubblicizzate nell’apposito sito delle vendite del Ministero della Giustizia, pena l’inefficacia dell’intera procedura sopra descritta.
L’esecuzione immobiliare è tesa, quindi, a fare entrare il creditore in possesso del bene su cui insiste l’ipoteca. Essa deve essere preceduta dalla richiesta del creditore al giudice di emettere un decreto ingiuntivo, con il quale sollecitare il debitore ad adempiere all’obbligazione entro i successivi 10 giorni, altrimenti il pignoramento diverrà esecutivo dopo 90 giorni.
La nuova disciplina può essere sintetizzata in queste seguenti modifiche, per la conversione del pignoramento immobiliare è estesa da 18 a 36 mesi la rateizzazione, l’immobile pignorato deve essere valutato al suo valore di mercato da un perito appositamente incaricato, la documentazione catastale deve essere depositata entro il nuovo termine dimezzato di 60 giorni, nella determinazione del valore di mercato, la nuova normativa prevede che a parità di offerta, il giudice dovrà tenere conto del prezzo di vendita, delle cauzioni e delle varie forme di pagamento, la vendita deve essere pubblicizzata presso l’apposito sito del Ministero della Giustizia.
Probabilmente non basterà la nuova disciplina a abbattere i tempi per il recupero dei crediti sofferenti delle banche.. In ogni caso, si tratta di un passo in avanti abbastanza importanza, perché va nella direzione di avvicinare i tempi della burocrazia italiana a quelli europei. Si consideri che oggi una banca riesce mediamente a rientrare in possesso dell’immobile ipotecato in non meno di 8 anni, ma con punte di 12 anni o anche più in alcune regioni del Sud, come la Calabria. In paesi come la Germania, non si va oltre i 4 anni, mentre in altri va ancora meglio.Ecco spiegato dei fattori di crisi principale per il nostro sistema bancario, ovvero gli elevati costi di riscossione dei crediti e i tempi più lunghi per entrarne in possesso. Si consideri che un anno o meno di differenza nei tempi equivarrebbe a svariati miliardi di minori sofferenze bancarie. Il governo ha di recente affermato che l’insieme delle nuove norme dovrebbe comportare un abbattimento dei tempi di recupero dei crediti di circa tre anni. Se fosse vero, saremmo nella direzione di allinearci quasi alla media europea, anche se come sempre sarà importante che queste norme non restino sulla carta, come spesso accade in Italia.
Il decreto ha suscitato opposizione tra quanti ritengono, però, che la velocizzazione dell’esecuzione immobiliare possegga l’altra faccia della medaglia, ovvero minori garanzie in favore delle famiglie acquirenti di immobili con il ricorso a un mutuo ipotecario. Più che di affievolimento delle garanzie, però, dovremmo parlare di minore possibilità di ostruzionismo dinnanzi a un recupero più che legittimo della banca di un suo credito.
Oltre tutto, i tempi previsti per fare scattare l’esecuzione immobiliare non sono così veloci come si potrebbe credere, anche considerando che con lo scoppio della crisi economica il governo ha stretto accordi con le associazioni di categoria, finalizzati a sospendere il pagamento delle rate del mutuo per le famiglie in difficoltà che facciano richiesta.