Per operazioni con parti correlate si intende qualunque tipo di operazione che può essere trasferimento, servizio, rapporto di credito e attività posta in essere dalla società quotata e soggetti correlati/collegati alla società stessa, a prescindere che sia stato definito un corrispettivo in cambio. Queste operazioni sono disciplinate dal codice civile (art.2391-bis), però si rimanda alla disciplina speciale (in particolare al regolamento n.17221 del 2010 che disciplina le operazioni con parti correlate: si rimanda alla CONSOB la disciplina di tutti gli aspetti qualitativi/quantitativi delle operazioni stesse.
Perché le operazioni con parti correlate necessitano di un comparto normativo più articolato?
Perché un’operazione con una parte correlata (ovvero un soggetto che ha legami particolari con la società) potrebbe andare ad influenzare l’operazione stessa (che in tal caso non verrebbe più fatta in ottica di efficienza di mercato ma verrebbe effettuata in ottica di convenienza del soggetto stesso).
Cosa si intende, quindi, per parte correlata?
Esiste un elenco di soggetti che pongono in essere operazioni con la società quotata e, in quanto tale, l’operazione svolta viene definita operazione con parte correlata e la definizione la troviamo all’interno dell’allegato 1 del regolamento Consob 17221 del 2010: Una parte correlata è tale quando si tratta di un soggetto che detiene una parte idonea ad esercitare un’influenza dominante all’interno della società (potrebbe sorgere il problema di conflitto d’interessi e, dunque, di convenienza economica del soggetto).
Parti correlate possono essere
Uno dei dirigenti (o un suo stretto familiare)
Fondo pensionistico costituito per gli stessi dipendenti della società (potrebbe esserci conflitto di interesse nelle operazioni poste in essere tra la società e il fondo pensionistico)
Joint Venture
L’allegato 1 del regolamento CONSOB non è esaustivo e viene continuamento aggiornato con nuove tipologie di soggetti.
Perché nasce questo tipo di normativa? Per tutelare le minoranze e, quindi, evitare che soci di minoranza, ad esempio, si ritrovino sovrastati da operazioni che non vengono poste in essere nell’interesse della società.
L’obiettivo è proprio quello di evitare che un’operazione posta in essere da una parte correlata vada ad innescare un rischio nei confronti dei soggetti di minoranza (definito anche come estrazione dei benefici privati del controllo – effettuare un’operazione estraendo un interesse privato a discapito dell’interesse della società e, quindi, di tutti i soci).
C’è la necessità di presidiare correttezza e convenienza economica dell’operazione posta in essere dall’emittente nell’interesse della società e non del singolo.
In che modo si tutelano le minoranze e in che modo si interviene nel momento in cui l’operazione posta in essere è un’operazione con parte correlata?
All’interno di ogni società quotata vi è un comitato parti correlate in cui troviamo amministratori indipendenti all’operazione (soggetti non interessati alle operazioni stesse) che prendono decisioni sul porre in essere le operazioni oppure no. Non è, quindi, l’assemblea che approva l’operazione ma un comitato specifico composto da soggetti indipendenti che non hanno alcun tipo di convenienza economica se l’operazione viene effettuata o meno. Tali soggetti valutano la convenienza economica dell’operazione e che l’operazione venga effettuata nel rispetto delle condizioni di mercato. Il compito di approvare o meno questo tipo di operazioni spetta, dunque, ad un comitato indipendente che si occupa dell’istruttoria (studio dell’operazione) e dell’approvazione dell’operazione stessa. Il comitato valuta che l’operazione sia o meno adeguata alle condizioni del mercato e sia idonea al processo della società. Se il comitato respinge l’operazione (perché definita inadeguata), questa può essere comunque effettuata se prevista dallo statuto della società (lo statuto deve espressamente prevedere che qualora il comitato dinieghi il porre in essere dell’operazione con parte correlata, l’operazione può essere effettuata mediante l’approvazione dell’assemblea dei soci – questa eccezione è valida solo per operazioni di estrema rilevanza che hanno un certo impatto sull’andamento della società e sul suo relativo sviluppo). In questo specifico caso gli unici a non votare sono gli azionisti di maggioranza e la decisione spetta esclusivamente agli azionisti di minoranza. A quel punto, se sono d’accordo, l’operazione viene posta in essere. In questo contesto, i soci di minoranza vengono definiti Indipendent Shareholder (la votazione che viene effettuata soltanto dagli azionisti di minoranza viene definita whitewash).
Il comitato cambia a seconda, o meno, del rinnovo degli amministratori indipendenti.