La perenzione è un istituto di diritto amministrativo, che consiste nell’estinzione del processo, nel caso le parti non compiano atti entro un anno. Esso è previsto e disciplinato dall’art.81 del codice del processo amministrativo. L’introduzione di questo istituto si spiega con la necessità avvertita dal legislatore di garantire la certezza dei rapporti giuridici per i casi di impugnazione di un atto amministrativo, che in passato ne comportavano la sospensione. Ai sensi dell’art.23 della legge T.A.R., la discussione del ricorso deve essere richiesta dal ricorrente ovvero dall’amministrazione o da altra parte costituita con apposita istanza da presentarsi entro il termine massimo di due anni dal deposito del ricorso.
Dunque, la domanda di fissazione dell’udienza assegna al giudice l’iniziativa processuale, in modo che le parti non debbano rinnovare la domanda ogni due anni e la perenzione non avviene per tutto il tempo in cui l’iniziativa processuale spetta al giudice. Pertanto, l’art.25 si applica per il caso in cui l’impulso processuale torni in capo alle parti, per esempio, qualora la domanda di fissazione dell’udienza sia revocata o qualora sia cancellata la causa del ruolo. Le parti devono, quindi, porre in essere un nuovo atto di procedura, come la richiesta di fissazione dell’udienza con la presentazione dell’apposita domanda. Ma la perenzione opera anche nel caso in cui siano decorsi due anni dalla data di deposito del decorso, senza che sia stata presentata domanda di fissazione dell’udienza, indipendentemente dal compimento degli altri atti procedurali. Nemmeno la domanda per l’ottenimento della misura cautelare impedisce che scatti la perenzione. Quando questa opera, il ricorso diventa improcedibile.
Ci si potrebbe chiedere in quali casi possa aversi la perenzione, dopo l’espletamento della fase istruttoria e, in particolare, se essa possa aversi per le attività istruttorie collegiali o per quelle presidenziali. Di certo, la perenzione scatta per i casi di mancata ripresentazione della domanda di fissazione dell’udienza dopo l’istruttoria collegiale, avendo la prima domanda esaurito i suoi effetti. Se, invece, facciamo riferimento all’istruttoria presidenziale, dobbiamo distinguere due casi. Se il provvedimento presidenziale è avvenuto prima della fissazione dell’udienza di discussione del ricorso, dobbiamo supporre che la domanda originaria di fissazione dell’udienza abbia mantenuto la sua validità, non avendo raggiunto l’effetto sperato. L’istruttoria, quindi, non comporta la necessità di rinnovare l’istanza di fissazione dell’udienza. Se l’istruttoria presidenziale è avvenuta, invece, dopo la fissazione dell’udienza e se questa non ha avuto luogo, in quanto la causa è stata cancellata dal ruolo su istanza delle parti, per l’ottenimento di una nuova udienza risulta necessaria la ripresentazione dell’apposita domanda.
Queste problematiche sono state superate dalla legge 205 del 2000, che ha stabilito che non è necessario ripresentazione istanza di fissazione dell’udienza, in quanto spetta al collegio giudicante incaricato dell’istruttoria provvedere a fissarne una nuova. La stessa legge del 2000 è stata modificata dal D.L. n.112 del 2008, in base al quale il Tribunale Amministrativo Regionale, TAR, e il Consiglio di Stato decidono con sentenza succintamente motivata nei casi di manifesta infondatezza, irricevibilità e inammissibilità del ricorso. Queste decisioni sono oggetto di impugnazione nelle stesse forme previste per le sentenze. Risulta essere della segreteria, decorsi 5 anni dalla data di deposito del ricorso, inviare alle parti costituite apposito avviso con il quale le si invita a presentare nuova istanza di fissazione dell’udienza entro 6 mesi dalla data di notifica dell’avviso. A questo punto, i ricorsi per i quali non siano state presentate nuove domande di fissazione dell’udienza vengono dichiarati perenti.
Nel caso in cui l’udienza sia stata fissata a una data successiva al quinquennio dall’ultimo atto di procedura compiuto, al fine di impedire che sia dichiarata la perenzione, almeno una delle parti costituita in giudizio deve dichiarare in udienza a mezzo del difensore di essere interessata alla decisione. In assenza di tale avviso della segreteria, se è comunicato alle parti l’avviso di fissazione dell’udienza di discussione del merito, il ricorso è deciso qualora il ricorrente, anche senza avvalersi del proprio difensore, dichiari in udienza di essere interessato alla decisione. In difetto di tale nuova istanza, però, il ricorso è dichiarato perento.
In sostanza, la perenzione estingue il giudizio amministrativo per l’inazione delle parti, con l’intento di non lasciare in sospeso troppo a lungo rapporti di diritto pubblico, a vantaggio della certezza giuridica. La perenzione avviene in assenza di impulso delle parti per almeno un anno, a cui si aggiunge il periodo feriale di 46 giorni per ogni anno, opera di diritto e può essere rilevata dal giudice. Nell’ambito dei giudizi soggetti ad abbreviazione dei termini, anche quelli relativi alla perenzione vengono nel tempo di sei mesi, ai quali si aggiungono sempre i 46 giorni del periodo feriale.