Per contratto preliminare di compravendita si intende un accordo finalizzato a stipulare un contratto futuro, in un momento successivo, concluso il quale si avranno gli effetti tipici del medesimo. A detta dell’art.1326 del Codice Civile, il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte. Invece, dalla stipula del contratto preliminare discende l’obbligo per le parti di contrarre in un secondo momento. Quanto alla natura del contratto, rilevante diviene il contenuto dell’accordo, ovvero l’intento comune delle parti contraenti.
Utilizzato per vincolare le parti, quindi, a stipulare un successivo contratto ad effetti reali, il preliminare può avere come oggetto qualsiasi tipologia di contratto, anche se la dottrina individua alcune limitazioni, come nel caso della donazione, che essendo un atto di liberalità, non può essere frutto di un vincolo assunto in precedenza da una delle parti verso l’altra. In questo caso, infatti, sarebbe un atto conseguente a un dovere di compiere un’obbligazione. Tuttavia, a questo proposito si ha l’art.769 c.c., che recita quanto segue, La donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione. In altre parole, si ha un atto di donazione anche quando ci si assume un’obbligazione verso il donatario, ma così facendo più che di un contratto preliminare siamo in presenza di un atto definitivo. Pertanto, un contratto preliminare di donazione di una proprietà non sarebbe altro che una donazione obbligatoria, che andrà conclusa con atto pubblico e nelle forme dovute.
Il contratto preliminare di compravendita può contenere o meno un termine entro cui le parti dovranno contrarre. In sua assenza, esso resta valido, non essendo un requisito essenziale. La parte che ha interesse a che tale termine venga apposto può rivolgersi al giudice oppure potrà rifarsi alla prescrizione ordinaria, a decorrere dalla data di stipula del preliminare. Allo stesso tempo, il preliminare può prevedere una condizione, al verificarsi della quale le parti si impegnano a concludere il contratto, altrimenti no.
L’art.1351 c.c. stabilisce per il contratto preliminare la stessa forma prevista per il contratto definitivo. In dottrina, però, non è unanime se questo requisito sia valido ad substantiam o ad probationem, ovvero se in assenza del rispetto della forma, il contratto preliminare sia nullo o semplicemente non possa essere fatto valere come prova di una delle parti.
Può anche accadere che le parti decidano di anticipare alcuni effetti del contratto definitivo. Nel caso di una compravendita, il promittente venditore incassa il versamento del prezzo senza privarsi della proprietà del bene, mentre il promissario acquirente beneficia del godimento del bene, non diventandone ancora proprietario, pattuendo con l’altra parte un versamento rateale del prezzo fissato.
Vediamo cosa accade, se una delle parti non volesse dare seguito alla promessa di adempiere l’obbligazione contenuta nel preliminare. La parte adempiente avrà titolo per rivolgersi al giudice e ottenere una sentenza di esecuzione del contratto, quale sarebbe stato concluso successivamente per obbligo pattuito delle parti, essendo accettato in dottrina che il preliminare conterrebbe già gli elementi atti alla produzione degli effetti finali, svolgendo il contratto definitivo una funzione riproduttiva a carattere documentale, per cui l’art. 2932 c.c. consente alla sentenza di produrre proprio tali effetti finali.
In alternativa, la parte non inadempiente potrà agire per la risoluzione del contratto, se non è interessato alla sua esecuzione, e per il risarcimento degli eventuali danni subiti dall’inadempimento altrui. La risoluzione può essere richiesta anche quando è stato promosso il giudizio per ottenere l’adempimento, mentre questo non può più essere richiesto, se è stata richiesta la risoluzione. Ecco, quindi, che dalla data di richiesta della risoluzione non è più possibile chiedere all’altra parte di adempiere al contratto. Anche in caso di contratto preliminare è possibile parlare di responsabilità contrattuale per il caso di inadempimento, consentendo alla parte non inadempiente di chiedere anche il risarcimento del danno.
Può accadere che le parti, in sede di stipula del contratto preliminare di compravendita, pattuiscano l’erogazione di una caparra confirmatoria. In questo caso, se la parte inadempiente è quella che ha versato la caparra, la parte non inadempiente che l’ha ricevuta può trattenere la somma ricevuta. Al contrario, se la parte inadempiente è quella che ha ricevuto la caparra, quella che l’ha versata ha titolo per ottenere la restituzione del doppio della somma. Altro tipo di garanzia, invece, è la caparra penitenziale, che funziona da corrispettivo del recesso. In questo caso, la parte che decide di recedere dal contratto perde la caparra data o dovrà versare all’altra parte non inadempiente il doppio della caparra ricevuta.
Questione più complessa è la natura del rapporto tra contratto preliminare e contratto definitivo, ovvero capire cosa accade nel caso in cui il primo è inficiato da invalidità in qualche sua parte, mentre il secondo supera le cause di invalidità. La domanda è se il secondo potrebbe essere considerato valido, a dispetto del primo. Per rispondere a questa domanda, se ci riferiamo alla causa interna, è evidente che svolgendo il contratto definitivo la funzione di produzione degli effetti tipici, una volta che verrà concluso validamente, i vizi del preliminare sarebbero superati. Viceversa, se il contratto preliminare costituisce obbligo per le parti a concludere successivamente, ovvero se siamo in presenza di una causa esterna, allora l’eventuale invalidità del primo inficia anche il secondo, in quanto si avrebbe una traslazione di proprietà indebita tra le parti.
Nella maggioranza dei casi, quando si parla di contratto preliminare di compravendita, l’oggetto è la cessione di un bene immobile. Esso va stipulato in forma scritta, con cui una parte, quella proprietaria dell’immobile, si obbliga a vendere all’altra parte, il promissario acquirente, la proprietà dell’immobile al prezzo e secondo le modalità concordate, pattuendo eventualmente un termine entro cui tale traslazione di proprietà deve avvenire, attraverso la stipula di un nuovo contratto, detto definitivo e finalizzato alla compravendita.
Questo tipo di contratto è quello con cui generalmente le parti si obbligano a concludere entro un periodo di tempo concordato la stipula di un contratto definitivo per il trasferimento di una proprietà immobiliare. La forma scritta è richiesta a pena di nullità e la stipula del preliminare, nonostante non obblighi le parti, non realizza gli effetti tipici del contratto definitivo. Può accadere, però, che il contratto preliminare venga redatto male, magari in assenza di assistenti legali per almeno una delle parti, cosa che potrebbe trasferire con effetto immediato la proprietà del bene immobile, quali che siano i termini e le condizioni pattuite per il versamento del prezzo.
Per esempio, se nel contratto si trova scritto che Tizio vende a Caio l’immobile sito in via xxxx …., invece che Tizio si obbliga a vendere a Tizio l’immobile sito in via xxxx …., siamo davanti a un preliminare improprio, perché nei fatti il trasferimento della proprietà è avvenuto, ovvero non vi è bisogno di un contratto definitivo, avendo già questo queste caratteristiche. Tuttavia, il preliminare improprio non può essere trascritto nei registri immobiliari, essendo necessario la stipulazione dell’atto pubblico o la scrittura privata autenticata, ovvero l’intervento di un notaio o di altro pubblico ufficiale. Sappiamo che trascrizione nei registri immobiliari del comune in cui il bene immobile è sito è di assoluta importanza per stabilire la proprietà nei casi controversi. Se due individui reclamassero la proprietà di un immobile, a spuntarla non sarebbe chi l’avrebbe acquistato per primo, ma chi lo ha trascritto per primo.