Sequestro per Equivalente – Guida

Il sequestro o confisca per equivalente è una misura sanzionatoria, disposta dal giudice su somme di denaro, beni o altre utilità di proprietà del colpevole, il cui valore sia corrispondente al prezzo, al prodotto o al profitto del reato. Questa misura è prevista per alcune fattispecie criminose, quando è intervenuta una sanzione penale e non sia possibile identificare con esattezza il prezzo, il prodotto o il profitto del reato. Con questo istituto, si punta a impedire che il colpevole possa trarre un vantaggio, sfruttando il disegno criminoso messo in atto in precedenza.

Il sequestro per equivalente, dunque, non è commisurato alla colpevolezza e alla gravità dell’illecito e non ha a che fare con la pericolosità che potrebbe derivare dalla cosa o dal suo uso. La dottrina tende, quindi, a sostenere che la ragione di questa misura consiste, come prima cosa, nell’ampliamento del patrimonio oggetto di confisca, ma anche nella volontà di dimostrare che non si possono ottenere vantaggi dai crimini commessi.

La giurisprudenza tende a ampliare il novero dei beni oggetto di confisca per equivalente, ritenendo che possano rientrarvi i beni acquisiti da terzi per donazione o per compravendita e facendo riferimento al criterio del possesso, non solo della proprietà in capo all’imputato. In altre parole, sarebbe sufficiente che un bene fosse nella disponibilità del reo, per fare in modo che possa esserne disposto il sequestro per equivalente. Il Codice Penale stabilisce anche che per i reati commessi dalla Pubblica Amministrazione, in relazione a alcune ipotesi di truffa, la confisca per equivalente è a suo carico e deve essere obbligatoriamente eseguita, quando non è possibile in altro modo effettuare il sequestro sui beni costituenti il prezzo o il profitto dell’illecito.

Per quanto riguarda le persone giuridiche, vige il principio del societas delinquere non potest, ovvero che una società giuridica non può commettere reati. Visto che essa non può commettere reato, non può nemmeno essere sanzionata penalmente, così come non può essere oggetto di possibile sequestro per equivalente, tranne nel caso in cui la persona giuridica sia un puro schermo fittizio, ossia uno strumento utilizzato per commettere uno o più reati.

La confisca per equivalente è legata al valore e non all’illecito, in quanto a differenza delle altre ipotesi di ablazione previste dal diritto penale, il sequestro del bene non qui collegato alla sua pericolosità. Il carattere dell’istituto è, infatti, meramente afflittivo, teso a ripristinare un equilibrio all’interno del patrimonio del colpevole, di modo che egli non possa giovarsi in alcun modo di quanto ottenuto dalla commissione del reato.

La conseguenza è che non riveste alcuna importanza la derivazione del bene oggetto del sequestro, ovvero se sia frutto o meno dell’illecito sanzionato. Presupposto è l’impossibilità di confiscare il prezzo, il prodotto o il profitto derivante dal reato, sempre che i beni confiscati rientrino nella disponibilità del colpevole.

Facciamo un esempio, immaginiamo che un individuo venga condannato per il reato di evasione fiscale, essendosi sottratto al pagamento di imposte per complessivi 2.000.000 di euro. Ora, una volta emanata la sentenza, il giudice deve provvedere a rimuovere il vantaggio derivante dal reato commesso. In teoria, se il condannato avesse disponibili su un conto corrente la somma di 2 milioni, basterebbe il suo sequestro per porre fine a tale vantaggio, al netto delle sanzioni previste. Immaginiamo, che ciò non sia il caso e che il reo non disponga di alcuna liquidità. Sorge la necessità di reperire beni nella sua disponibilità, il cui valore sia equivalente alla somma che avrebbe dovuto essere sequestrata, in quanto frutto dell’illecito. Nel nostro esempio, potremmo ipotizzare che l’evasore condannato disponga di una villa dal valore commerciale stimato in 700.000 euro, di titoli azionari per un controvalore complessivo di un milione, di obbligazioni per un altro milione di euro e di 3 auto sportive per un valore complessivo di 200.000 euro. Risulta essere tra questi beni, che il giudice dovrà procedere alla confisca. Per ragioni di praticità, gli converrebbe disporre il sequestro delle azioni e delle obbligazioni, strumenti finanziari altamente liquidi, per cui facilmente trasformabili in denaro sonante, cosa che non si potrebbe dire, per esempio, della villa o delle auto, la cui cessione richiederebbe un’asta e probabilmente non andrebbe a buon fine in tempi celeri.

Per profitto, si intende qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente legato alla consumazione del reato e può consistere anche in un risparmio di spesa, come il mancato pagamento di tributi, interessi, sanzioni connessi all’accertamento del reato. Come sopra detto, la disponibilità dei beni per la sequestrabilità implica che siano possibile oggetto di confisca anche quei beni su cui il potere dispositivo venga esercitato tramite terzi.

Quanto ai beni in comproprietà, sono sottoponibili a sequestro per equivalente qualora siano indivisibili o anche nel caso in cui perderebbero altrimenti di valore. In caso contrario, si potrà disporre del sequestro solo della quota di proprietà del colpevole. Il provvedimento cautelare non deve necessariamente indicare i beni oggetto del sequestro, essendo una misura seguita solo successivamente dalla confisca.

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