Nel diritto civile, per specificazione si intende un modo di acquisto della proprietà a titolo originario di un bene a opera di chi lo lavora, trasformandolo in una cosa nuova. Questo diritto è regolato dall’art.940 del Codice Civile, che così sancisce, Se taluno ha adoperato una materia che non gli apparteneva per formare una nuova cosa, possa o non possa la materia riprendere la sua prima forma, ne acquista la proprietà pagando al proprietario il prezzo della materia, salvo che il valore della materia sorpassi notevolmente quello della mano d’opera. In quest’ultimo caso la cosa spetta al proprietario della materia, il quale deve pagare il prezzo della mano d’opera.
Il termine specificazione compare nell’art.922 c.c., dove si indicano i modi di acquistano della proprietà. La specificazione consiste, quindi, nella creazione di una cosa nuova, attraverso l’utilizzo di una materia data, di cui chi la lavora non è il proprietario. Lo specificatore acquista la proprietà, come abbiamo visto nel suddetto art.940 c.c.. Esempio tipico potrebbe essere lo scultore, che utilizzando un blocco di marmo altrui, costruisce una statua.
Siamo davanti a un caso di accessione da mobile a mobile. Indipendentemente dalla volontà dell’artefice, questi acquista la proprietà, anche se è tenuto a pagare al proprietario della materia utilizzata il prezzo di questa. Viceversa, se la materia ha un valore molto superiore a quello della manodopera, è il proprietario di questa a potere vantare il diritto di proprietà sulla cosa lavorata, sempre che paghi all’utilizzatore il costo della manodopera.
In un certo senso, il diritto di specificazione tenta di risolvere un conflitto tra proprietà e lavoro, in modo da fare prevalere l’interesse dello specificatore, considerato capace di attirare i beni lavorati. Prima dell’entrata in vigore dell’attuale normativa contenuta nel Codice Civile del 1942, le norme erano molto più individualistiche, in quanto assegnavano maggiore importanza al diritto di proprietà che non al lavoro. In questo modo, nel codice del 1865, il diritto di specificazione veniva assegnato con assoluta precedenza al proprietario della materia, mentre il lavoro non veniva considerato allo stesso livello, tranne che, come contemplato dal vecchio art.470, nel caso in cui il suo valore fosse di così elevato pregio, da attirarne la proprietà anche della materia. In un certo senso, prima dell’attuale Codice, sarebbe stato necessario essere in presenza di un grande artista per assegnare il diritto di proprietà all’utilizzatore.
Il vecchio codice, però, non sminuiva il valore della manodopera di eccellenza, ma tra proprietà e lavoro non vi era una reale parificazione sul piano legislativo. Solo in seguito, giuridicamente, si è avuto un incremento di importanza del lavoro, tanto da essere posto sullo stesso piano del diritto di proprietà, come nel caso attuale della specificazione.
Per fare in modo, però, che questo diritto possa essere reclamato dall’utilizzatore, è necessario che questo punti a trasformare la cosa con carattere permanente, perché la mera trasformazione contingente, consistente in un’alterazione della materia, non gli consentirebbe di potere vantare il diritto di specificazione.
In un solo caso, il codice ha previsto la possibilità per il proprietario di avere il diritto di specificazione, ovvero qualora il valore della materia risulti notevolmente superiore a quello del lavoro apportato. Persino in questo caso, il codice ha impresso la sua impronta nella nuova legislazione, tutelando il lavoratore, il quale ha il diritto di essere indennizzato per il costo della manodopera apportata. Visto che, quindi, il valore della materia deve essere molto superiore a quello del lavoro di trasformazione, esso deve essere riconoscibile come tale e in assenza di un riconoscimento univoco, bisogna privilegiare l’utilizzatore.
Nella redazione dell’attuale codice, vi fu una linea di pensiero, secondo la quale il diritto di specificazione non si sarebbe potuto concedere nel caso in cui la materia avesse potuto riacquistare la forma originaria, per cui il proprietario avrebbe avuto il diritto di rivendicarla. Ma è stato fatto notare come tale caso rappresenta una situazione diversa da quella che il legislatore ha inteso tutelare, visto che il diritto di specificazione è legato proprio alla trasformazione della cosa in una cosa nuova, diversa, grazie all’ingegno e alla capacità dell’utilizzatore lavoratore.
La riforma di tale disciplina fu accolta da un generale consenso nell’opinione pubblica italiana, a dimostrazione che si avvertiva la necessità di parificare proprietà e lavoro o, quanto meno, di elevare anche sul piano giuridico l’importanza del lavoratore davanti al proprietario dei beni capitali. Chiaramente, non siamo in presenza di un atto di esproprio della proprietà altrui, visto che sussistono le suddette condizioni per reclamare il diritto. In ogni caso, il diritto altrui è fatto salvo nella possibilità di ottenere il pagamento o della materia, nel caso del proprietario, o della manodopera, nel caso del lavoratore.