Atto di Pignoramento Presso Terzi – Guida e Modello

Secondo il Codice di Procedura Civile, il creditore può aggredire i beni del debitore in modi differenti, a seconda che essi siano immobili o mobili, che si trovino nella disponibilità del debitore stesso o presso terzi. Il pignoramento presso terzi riguarda proprio i beni di proprietà del debitore, ma che si trovano materialmente nella disponibilità di terze persone. L’art.543 c.p.c. contempla due ipotesi, ovvero quella per cui i beni del debitore si trovino presso terzi e quella di crediti del debitore verso terzi.

L’atto di pignoramento, notificato dal creditore al debitore e al terzo, per prima cosa impone il divieto di effettuare atti dispositivi dei beni e dei crediti assoggettati al pignoramento. Nell’atto devono essere esplicitati le cose pignorate, il loro importo, l’intimazione al terzo di non disporne, se non per ordine del giudice, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale territorialmente competente e l’indirizzo di posta elettronica certificata del creditore procedente. Infine, l’atto deve contenere anche la citazione al debitore, con la quale questi è tenuto a comparire in udienza davanti al giudice entro il termine dilatorio del pignoramento, oltre che l’invito al terzo a rendere dichiarazione al creditore procedente, in assenza della quale questa va resa in udienza. Se nemmeno in udienza il terzo compare o se compare ma non effettua la dichiarazione, i beni o i crediti oggetto del pignoramento si considerano non contestati nel loro ammontare o nei termini indicati dal creditore.

Come abbiamo appena notato, il terzo deve rendere al creditore procedente una dichiarazione, attraverso una raccomandata con ricevuta di ritorno o PEC, così come anche tramite un procuratore speciale o un difensore munito di procura speciale. In essa deve specificare le cose o le somme di cui è debitore o si trova in possesso e quando deve eseguirne il pagamento o la consegna, indicando eventuali sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni già notificategli o che ha accettato.

Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni o se questa non viene resa dal terzo, il giudice provvede con ordinanza. Il terzo è tenuto a rispettare le imposizioni contenute nell’atto di pignoramento, come il divieto di disporre delle cose o somme dovute precettate nel limite del loro importo, aumentato della metà.

Non tutti i crediti presso terzi risultano pignorabili. Non lo sono i crediti alimentari, tranne che per le cause riguardanti proprio gli alimenti, i crediti che hanno ad oggetto sussidi di grazia o sostentamento in favore di poveri. Nel 2015 sono state introdotte ulteriori limitazioni riguardanti il pignoramento di somme relative a rapporti di lavoro. A tale proposito, è stato stabilito che le somme dovute dai privati a titoli di stipendio, salario o altra indennità di tipo lavorativa o impiegatizia, comprese quelle legate a cause di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura stabilita dal tribunale o da un giudice da esso delegato, mentre in relazione ai tributi verso lo stato, il pignoramento è possibile nella misura massima di un quinto.

Nel caso in cui le suddette somme siano accreditate su conto corrente postale o bancario intestato al debitore, il legislatore ha distinto tra due ipotesi. La prima, quando l’accredito sia avvenuto prima della data del pignoramento:, le somme potranno essere pignorate per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale; la seconda, quando l’accredito sia contestuale o successivo al pignoramento, nel quale caso le somme potranno essere pignorate nella misura autorizzata dal giudice, ma in ogni caso non oltre il quinto. Se il pignoramento supera i suddetti limiti, esso diventa inefficace per la parte eccedente.

Per trattamenti di quiescenza, le somme sono impignorabili fino all’importo corrispondente all’assegno sociale, aumentato della metà, mentre per l’importo eccedente, il pignoramento è consentito nelle misure stabilite per le somme relative al lavoro e come appena accennato.

Non è da considerarsi nullo il pignoramento effettuato presso terzi che renda una dichiarazione negativa, non sussistendo in capo al creditore l’obbligo di ricercare in anticipo la certezza dei crediti vantati dal debitore verso terzi soggetti. Se nell’atto di pignoramento mancano gli elementi essenziali contenuti nell’art.543 c.p.c., esso può essere validato per raggiungimento dello scopo. A tale riguardo, la Cassazione nel 2015 ha stabilito che in tema di espropriazione forzata, l’atto di pignoramento presso terzi non è inefficace o affetto da nullità, quando in esso vi è l’intimazione a non disporre, senza il previo ordine del giudice proveniente non da creditore procedente, ma dall’ufficio giudiziario. L’atto si considera solamente irregolare. Nel 2003, la stessa Cassazione aveva sostenuto, invece, che l’atto di pignoramento fosse da considerarsi nullo, in assenza di tutti gli elementi essenziali previsti dall’art.543 c.p.c., in quanto il suo scopo consisterebbe nella creazione di un vincolo di destinazione in favore del creditore dei beni o crediti presso terzi del debitore, scopo non considerabile raggiungibile in assenza di tali elementi.

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