L’ingiunzione fiscale è uno strumento alternativo all’iscrizione a ruolo, questa utilizzata dall’agente di riscossione, con il quale un ente pubblico provvede a riscuotere coattivamente tributi e altri proventi patrimoniali a carico del contribuente.
La sua disciplina risale agli inizi del secolo scorso con Regio decreto e, pertanto, va raccordata con l’evoluzione che nel frattempo si è avuta delle leggi, in relazione ai diritti dei contribuenti. Infatti, si scontrano due interessi contrastanti, quello dell’ente a riscuotere quanto gli è dovuto e quello del contribuente a fare in modo che vengano tutelati i suoi diritti nei confronti della Pubblica Amministrazione.
Il riordino della disciplina è avvenuto nel 1997, quando sono stati sostanzialmente fissati i casi in cui l’ingiunzione fiscale è applicabile, ma lasciando nei fatti invariata la disciplina. In gioco c’è, come dicevamo, l’esigenza di mediare tra interessi contrapposti, in un’ottica di economicità, razionalizzazione e semplificazione dell’azione amministrativa. Risulta essere molto diffuso in Italia il ricorso da parte dei contribuenti contro le modalità con le quali l’ente effettua l’ingiunzione fiscale. Dunque, il più delle volte il motivo del contendere non è la sostanza, ovvero non riguarda l’impugnazione del se e del quanto l’ente debba riscuotere, ma il come la riscossione avviene, ossia la forma.
Per quanto possa apparire di importanza secondaria, l’ingiunzione fiscale è l’atto con cui il contribuente viene a conoscenza delle pretese dell’ente impositore e, pertanto, dalla sua comunicazione scatta la possibilità per questi di tutelare i propri diritti, per cui possiamo anche affermare che l’ingiunzione fiscale esiste nel momento stesso in cui essa viene portata a conoscenza del contribuente. La disciplina richiede che questa comunicazione debba avvenire per il tramite di un ufficiale giudiziario o di un messo notificatore, addetto all’Ufficio del Giudice di Pace. Non vi è dubbio che proprio l’esigenza di notificare al contribuente l’ingiunzione fiscale tramite un ufficio giudiziario va contro le esigenze di economicità, razionalizzazione e celerità dell’azione amministrativa, perché il procedimento diviene certamente più costoso e meno veloce.
Vediamo se esiste la possibilità per l’ente di comunicare in altri modi un’ingiunzione fiscale. Stando alla legge n.890 del 20 novembre del 1982, parrebbe che questo sia possibile. In essa viene sancita la facoltà per l’amministrazione pubblica di notificare gli atti a mezzo di posta o, se impossibile altrimenti, tramite uffici giudiziari. Sembrerebbe, quindi, che gli uffici finanziari possano direttamente inviare un’ingiunzione fiscale tramite posta, ma non è così per una linea interpretativa, per la quale l’ingiunzione sarebbe un atto complesso, propedeutico all’esecuzione forzata e non si potrebbe ritenere che essa possa essere comunicata per posta, ma dovrebbe passare per un ufficio giudiziario.
La legge 3 agosto 1999, n.265, però, consente alle pubbliche amministrazione di avvalersi dei messi comunali per la notifica degli atti e, se ciò non è possibile, del servizio postale e degli altri strumenti previsti dalla legge. A livello logica, quindi, dovremmo supporre che tra gli altri strumenti rientrino quelli contenuti nel Regio decreto del 1910, ma il legislatore tace con riferimento all’ingiunzione fiscale. A portare ordine è stata una nuova disciplina, ovvero la legge n.209 del 24 settembre 2002, che estende l’applicabilità delle norme relative alla riscossione coattiva mediante iscrizione a ruolo all’ingiunzione fiscale, per cui i comuni e i concessionari iscritti all’albo possono notificare gli atti prodromici all’espropriazione coattiva con le stesse modalità consentite all’agente di riscossione. La conseguenza è che la cartella deve essere notificata dagli ufficiali di riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario, attraverso un’eventuale convenzione tra comune e concessionario, tramite messi comunali e agenti di polizia municipale. La comunicazione deve avvenire tramite raccomandata e il plico deve essere chiuso. La notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento dal destinatario o da altra persona prevista dalle norme o dal portiere dello stabile, in cui si trova l’abitazione, l’ufficio o l’azienda del soggetto destinatario.
Esistono due differenti interpretazioni con riferimento alla volontà del legislatore. Secondo un primo orientamento, l’art.26 della legge, che regola la notificazione dell’ingiunzione fiscale, nella parte in cui disciplina la notificazione tramite raccomandata con avviso di ricevimento, sarebbe la conseguenza del primo periodo, per cui la possibilità di comunicare in questo modo l’atto sarebbe circoscritta ai soli soggetti indicati nel primo periodo dell’articolo. Un’altra interpretazione della Cassazione, invece, ritiene che la carenza della notifica costituisca una mera irregolarità e spiega che il procedimento notificatorio tramite l’agente postale o un un ufficiale giudiziario ha il solo scopo di fornire al richiedente la prova dell’avvenuta consegna della comunicazione al destinatario. Questo non avrebbe diritto di eccepire, quindi, eventuali vizi di forma.
La normativa tortuosa deriva, come abbiamo avvertito all’inizio della guida, dal fatto che le sue origini risalgono a un contesto storico giuridico molto diverso da quello odierno, come riconosciuto dalla stessa Cassazione, per cui nel tempo si è dovuta raccordare con l’evoluzione subita, anche per contemperare gli interessi del destinatario.