Per esecuzione forzata si intende l’attuazione coatta del diritto del creditore nei confronti del debitore. Esistono due tipi di esecuzione forzata, quella relativa alle obbligazioni pecuniarie, che consiste nel pignoramento dei beni del debitore e nella conseguente liquidazione, in modo che sia attuata la garanzia prevista dall’art.2740 del codice civile, e l’esecuzione specifica, relativa alle obbligazioni da consegnare o consistenti in un fare o non fare, che si traduce nel conseguimento coatto della somma oggetto della prestazione. Una forma particolare di esecuzione in forma specifica è quella dell’obbligo di contrarre, che si persegue con la sentenza costitutiva, relativa al contratto promesso e non concluso.
Non tutte le obbligazioni sono soggette all’esecuzione in forma specifica. Essa è possibile con riferimento alla consegna di cose determinate, mentre non lo è con riguardo alla consegna di cose generiche, così come per le obbligazioni che abbiano ad oggetto un fare fungibile, casi in cui l’adempimento dell’oggetto dell’obbligazione avviene tramite terzi, nominati dal giudice, nei casi di sentenze, provvedimenti e titoli esecutivi e altri atti ai quali la legge assegna efficacia immediatamente esecutiva, la scrittura privata autenticata, con riferimento solo alle somme di denaro in essa contenute, le cambiali e altri titoli di credito ai quali la legge assegna efficacia esecutiva, gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiali idoneo a riceverli.
Il debitore ha il diritto di opporsi all’esecuzione forzata, secondo quanto stabilito dall’art.615 del codice di procedura civile. In precedenza, era competente in materia sia il pretore che il tribunale ordinario, ma un decreto ha di recente attribuito la competenza esclusiva al tribunale ordinaria per ogni genere di esecuzione forzata.
Quanto alla competenza territoriale, il tribunale che è titolato a decidere è quello nella cui circoscrizione si trovano le cose mobili o immobili da consegnare, oppure dove si trova il terzo che deve somme di denaro o cose al debitore esecutato, oppure ancora dove deve essere adempiuto l’obbligo di fare o di non fare.
Il giudice rileva solo la liquidità del titolo oggetto del credito, non già la natura pubblica o privato del debitore. Il creditore, quindi, ha il diritto di chiedere al giudice ordinario l’esecuzione forzata per espropriazione nei confronti della Pubblica Amministrazione, qualora questa sia stata condannata e risulti inerte con riferimento al pagamento. Non sono opponibili, infatti, ai creditori i vincoli di bilancio, Patto di stabilità interno compreso, perché è evidente che sia dovere dell’ente pubblico accertarsi al momento stesso in cui nasce l’obbligazione verso un privato, di essere nelle condizioni di adempiere.
Non possono essere oggetto di pignoramento i beni appartenenti al cosiddetto patrimonio indisponibile, ovvero dichiarati non espropriabili per legge, le somme e i crediti con vincoli di destinazione per servizi pubblici o finalità istituzionali previste dalla legge o da altro provvedimento amministrativo.
Il legislatore ha preso atto nel 2013 dell’enorme mole di crediti vantati dalle imprese nei confronti della Pubblica Amministrazione e ha esteso la compensazione tra crediti e debiti da e per verso di essa, che non siano prescritti, sicuri, liquidi ed esigibili, mentre in precedenza ciò era limitato ai soli crediti iscritti a ruolo.
La compensazione consiste nella detrazione dalle tasse e le imposte dei crediti vantati dalle imprese, relativi alla somministrazione, la fornitura e gli appalti sia verso lo stato centrale che gli enti locali. La gestione avviene anche per via telematica dall’Agenzia delle Entrate. I crediti sono certificati dal Ministero dell’Economia, anche quando si hanno nei confronti degli enti locali. Non possono avvalersi dalla compensazione le persone fisiche.
Attenzione a non fare confusione tra esecuzione in forma specifica con risarcimento in forma specifica. Come abbiamo visto, la prima è una forma di attuazione del diritto, il secondo è un mezzo per eliminare i danni derivanti dall’inadempimento di un’obbligazione.
Esiste anche la possibilità di eseguire in forma specifica un obbligo di non fare. In verità, si tratta di esecuzione di un obbligo di fare, come la demolizione di un fabbricato abusivo, per la quale è necessaria una sentenza che condanni il debitore a rimuovere l’oggetto.
L’esecuzione forzata in forma specifica si ha quando il titolare del diritto abbia la necessità che venga eseguita una prestazione specifica, non essendo possibile l’esecuzione di un adempimento alternativo. Esistono vari tipi di esecuzione forzata in forma specifica, quella per il rilascio o la consegna di beni immobili o mobili, che presuppongono la scadenza del termine utile per adempiere all’obbligo di restituzione o rilascio fissato, la chiamata in causa dell’ufficiale giudiziario da parte del titolare del diritto con la quale lo invita ad attivare la procedura di esecuzione forzata, la presentazione dell’ufficiale giudiziario anche senza preavviso al cospetto del debitore, al quale intima di adempiere all’obbligazione, presentando i beni oggetto dell’esecuzione.
Ottenuti i beni oggetto dell’esecuzione, l’ufficiale giudiziario li consegna al proprietario o a un suo delegato. In seguito redige un verbale e lo deposita in segreteria del tribunale, affinché il giudice possa leggerlo e condannare alle spese il debitore.
Se si tratta di beni immobili, l’ufficiale giudiziario si presenta alla data stabilita presso l’immobile e anche coadiuvandosi delle forze dell’ordine, utilizza i suoi poteri per allontanare i soggetti che occupino l’immobile abusivamente, in modo da metterlo nella disponibilità del legittimo proprietario. Anche in questo caso redige il verbale e lo consegna alla segreteria del tribunale, in modo che il giudice possa addebitare le spese.
Per l’esecuzione forzata dell’obbligo di fare o non fare, il creditore dovrà rivolgersi necessariamente all’autorità giudiziaria, depositando il titolo esecutivo e il precetto. Il giudice valuta il caso e decide di attivarsi, nominando un ufficiale giudiziario, che sarà preposto all’esecuzione e al controllo delle persone che dovranno rendere possibile la prestazione. I soggetti da questi nominati devono eseguire la prestazione. Il creditore esecutante deve presentare una lista delle spese effettuare per la realizzazione della prestazione, che il giudice con decreto ingiuntivo caricherà sulle spalle del debitore. Parliamo di quelle sostenute dal creditore per pagare i terzi nominati dal giudice per l’esecuzione della prestazione relativa al fare o al non fare.
Esistono, invece, alcune prestazioni che si considerano infungibili, nel senso che non possono essere sostituite, come abbiamo visto sopra, da altri soggetti, in quanto attinenti alla persona del debitore inadempiente. Si pensi al caso di un cantante, che si rifiuti di eseguire il contratto pattuito con un locale. Ebbene, non sarebbe possibile per l’ufficiale giudiziario incaricato dal giudice ordinario nominare un terzo, che esegua la prestazione del debitore, perché una cosa è che canti Tizio, un’altra che canti Caio. Dunque, in questi casi serve che l’esecuzione avvenga da parte del debitore.
Stando, quindi, a quanto previsto dal codice civile, il massimo grado di soddisfazione del creditore si ha quando egli trovi possibile che venga adempiuta esattamente la prestazione oggetto dell’obbligazione della quale chiede l’esecuzione forzata, ma non sempre è possibile. Il massimo della trasformazione generica di un’obbligazione si ha, ad esempio, con la conversione di tale prestazione in una forma di denaro. Ciò è possibile per ogni diritto patrimoniale suscettibile di una valutazione in denaro, che possa così essere convertito in una somma. Si consideri a tale proposito il caso di un risarcimento danni e della conseguente liquidazione di una somma di denaro.