Secondo l’art.1346 del Codice Civile, l’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato e determinabile. La stessa nozione di oggetto del contratto è al centro di dibattito in giurisprudenza. Per alcuni, esso consiste nel contenuto del medesimo, ovvero l’operazione economica che le parti hanno programmato, per altri sta nelle prestazioni dovute, altri ancora ritengono che sia il bene dovuto.
Di sicuro, il legislatore ci dice che esso deve essere possibile. A questo proposito, la possibilità è intesa materialmente e giuridicamente. Per esempio, non è possibile stipulare un contratto che preveda la consegna di un bene inesistente. Tuttavia, bisogna distinguere due casi, se l’impossibilità è originaria, ovvero se esisteva già all’atto di stipula del contratto, questo è nullo, mentre se è sopravvenuta, allora l’obbligazione si estingue e si ha la risoluzione del contratto. Si pensi a un contratto, con il quale una parte si vincola a consegnare a una certa data un immobile che è andato distrutto.
Il contratto deve anche essere lecito, ovvero non deve contrastare con norme imperative, con l’ordine pubblico o il buon costume.
Il contratto deve essere, poi, determinato o determinabile. Le parti devono avere chiaro su cosa si stiano vincolando all’atto della sua stipula, per cui non è valido un contratto che rimandi a un altro la determinazione dell’oggetto. Esempio, non posso stipulare un contratto nel quale è scritto che Tizio si impegna a vendermi un’auto in data x, essendo l’oggetto generico. Potrebbe trattarsi di un veicolo di poco valore o uno di lusso dal valore di qualche centinaio di migliaio di euro.
Una tipologia contrattuale abbastanza sensibile sul piano sociale è quella che riguarda le prestazioni lavorative, che rappresentano in questo caso l’oggetto del medesimo. Insieme ad esse, vi è la retribuzione erogata dal datore di lavoro al dipendente quale controprestazione. Tuttavia, le mansioni specifiche che saranno svolte dal lavoratore è raro che compaiono minuziosamente nel contratto di lavoro, nel quale si assegna più che altro la qualifica, mentre successivamente si individuerà la mansione concreta che bisognerà espletare. Quanto alla retribuzione, invece, esse è inserita di norma nel contratto. Se così non fosse o se venisse inserita in contrasto con l’art.36 della Costituzione, che parla di retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro, può provvedervi il giudice. Si pensi a un lavoro manuale di 40 ore settimanali, il cui contratto preveda una retribuzione mensile di 200 euro. Sarebbe palesemente in contrasto con il dettato costituzionale e il giudice, anche ricorrendo all’individuazione della retribuzione sindacale per una qualifica professionale simile, ne stabilirebbe l’entità ritenuta equa.
Stabilire con precisione l’oggetto in un contratto di lavoro serve anche per evitare casi di abusi, come vi sarebbero se la qualifica stessa fosse inserita in maniera generica, con la conseguenza che il lavoratore rimarrebbe soggetto indefinitamente al potere direttivo del datore di lavoro, soggetto a un qualsiasi tipo di prestazione.
Tornando ai requisiti espressi dal legislatore per un contratto valido sul piano legale, la liceità non può che riguardare la prestazione, non potendo afferire alla cosa. Lo farebbe intendere anche il fatto che gli artt.1347, 1348 e 1349 sono inseriti nella sezione intitolata alla prestazione. Nel dettaglio, l’oggetto di un contratto è la costituzione, la modifica o l’estinzione di un rapporto giuridico, mentre la prestazione è oggetto delle obbligazioni sorte col contratto. Pertanto, indirettamente, la prestazione è oggetto del contratto, essendo l’obbligazione alla quale il contratto da origine.
Abbiamo anche detto che l’oggetto prestazione deve essere possibile sia sul piano materiale che giuridico. Per esempio, non posso stipulare un contratto per l’acquisto di un bene che è già di mia proprietà, così come non posso concludere un negozio, se sono dichiarato incapace di intendere e di volere, e non possono rinunciare tramite di esso a diritti inalienabili.
Quanto alla determinatezza, essa è simile al concetto di determinabilità. In questo secondo caso si presuppone che siano stati individuati criteri per la determinazione della prestazione. Per esempio, le parti potrebbero accordarsi sulla compravendita di una certa quantità di oro a una certa data, ma il prezzo di riferimento per la prestazione non viene fissato in maniera assoluta, facendo riferimento alle quotazioni del metallo nel giorno in cui avverrà la sua alienazione. In questo, l’oggetto è quanto meno determinabile, in quanto si fa espresso riferimento a una fonte esterna. Non sarebbe, invece, valido un contratto la cui determinazione dell’oggetto fosse esposta all’eccessiva arbitrarietà di una delle parti o fosse del tutto aleatoria, come nel caso in cui si stabilisse che a fissare il valore dell’immobile fosse la prima persona che le parti incontrassero in un dato luogo e a una certa data.