In questa guida spieghiamo in cosa consiste il sequestro conservativo.
L’art 671 del codice di procedura civile e il 2905 del codice civile prevedono che il creditore possa chiedere il sequestro conservativo dei beni mobili e immobili del debitore, quando ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito. Di fatto, dal momento in cui esso viene eseguito, sulla cosa si ha un vincolo di natura giuridica, i cui effetti sono simili a quelli del pignoramento, ai quali articoli del codice civile si rimanda.
Lo scopo del sequestro conservativo è, quindi, di assicurare al creditore che i beni sequestrati possano in futuro essere eventualmente espropriati a suo beneficio per il caso di inadempienza del debitore. Secondo la Corte di Cassazione, il cosiddetto periculum in mora, consistente nel timore di perdere la garanzia del credito durante il tempo necessario ad ottenere il provvedimento di merito, può desumersi sia da elementi oggettivi, come può essere l’entità del patrimonio del debitore, sia dai comportamenti messi in atto dallo stesso, che facciano intendere di mirare a sottrarre al creditore la garanzia.
Esaminiamo adesso con maggiore attenzione l’art 671 c.p.c., che recita “Il giudice, su istanza del creditore che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può autorizzare il sequestro conservativo di beni mobili e immobili del debitore o delle somme e cose a lui dovute, nei limite in cui la legge ne permette il pignoramento”.
Si tratta, quindi, di uno strumento immediato e provvisorio di tutela del credito, che si realizza con la sottrazione dei beni mobili e immobili alla libera disponibilità del debitore e la successiva esecuzione forzata, nel caso in cui venga accertato nel merito il diritto riconosciuto in via cautelare. La finalità della misura è duplice, mirando da un lato a rendere inefficaci nei confronti del creditore gli atti di disposizione dei beni sequestrati, dall’altro a garantire che il credito possa essere aggredito, in attesa del giudizio di merito.
Il sequestro conservativo può essere richiesto, quando il credito è esistente nel momento della richiesta della misura cautelare, quando sussiste il fumus boni iuris, ovvero la presumibile esistenza del diritto di credito e quando vi è il periculum in mora, che come sopra esposto, consiste in elementi oggettivi o soggettivi.
Il sequestro conservativo viene anche definito pignoramento anticipato, perché di fatto anticipa gli effetti di un atto di pignoramento, ai limiti del quale viene sottoposto. Inoltre, nel caso di conferma con il giudizio di merito, il pignoramento diviene definitivo.
Dunque, la ragione della norma consiste nell’intento di tutelare il diritto di credito del ricorrente, che nelle more del giudizio potrebbe essere vanificato con atti di disposizione dei beni da parte del debitore. Viene conservata l’integrità patrimoniale di quest’ultimo, perché è sul patrimonio del debitore che deve essere esercitata la garanzia del credito, nei limiti del valore di questi.
Nel caso in cui il giudizio sulla richiesta di sequestro conservativo sia separato da quello di merito è necessario per la convalida che il giudice dia sommaria ragione al ricorrente, in merito all’esistenza del diritto di credito. Quanto al periculum in mora, la Cassazione ha stabilito che il giudice possa motivare la convalida del sequestro, facendo riferimento alternativamente agli elementi soggettivi e a quelli oggettivi, senza che sia necessario che essi ricorrano contemporaneamente.
Tra gli elementi soggettivi, vi sono anche i precedenti comportamenti negoziali del debitore, mentre tra quelli oggettivi rientrano gli atti di disposizione del patrimonio, tali da mettere a rischio la garanzia di credito del ricorrente. Questi ultimi mirano al depauperamento del patrimonio, destando il sospetto che il creditore non abbia modo di soddisfarsi.
Tra gli elementi oggettivi che legittimano la richiesta del creditore di un sequestro conservativo del patrimonio del debitore, non è sufficiente che quest’ultimo si rifiuti di adempiere all’obbligazione, essendo altresì necessario valutare, tra le altre cose, anche la consistenza del credito rispetto agli elementi valutativi appresi. Il rifiuto di adempiere a un’obbligazione, infatti, potrebbe in sé essere frutto di una convinzione, pur infondata, del debitore di non avere un simile dovere, senza che per ciò stesso esso punti al depauperamento del suo patrimonio, al fine di sottrarre al creditore il diritto vantato.
Quanto al pericolo che il patrimonio venga depauperato, sottraendo al creditore la garanzia, non è necessario che esso sia attuale, essendo importante che la garanzia venga conservata fino al momento del soddisfacimento del credito, anche in modo coattivo.
La Cassazione ha sentenziato nel 1998 che ai fini della convalida della richiesta del sequestro conservativo non può considerarsi rilevante la situazione patrimoniale del debitore all’atto della contrazione dell’obbligazione con il creditore. In buona sostanza, se questo si accorge solo successivamente alla stipula del contratto, che il debitore disponesse al momento della firma un patrimonio insufficiente a garantire il suo diritto di credito, non potrà pretendere che sia disposto il sequestro dei suoi beni, essendo necessario, invece, che il timore sorga in relazione ad elementi soggettivi o oggettivi emersi successivamente alla contrazione dell’obbligazione.
Quanto all’oggetto del sequestro conservativo, la Cassazione ha sentenziato nel 2000 che la mancata individuazione dettagliata dei beni oggetto di un sequestro giudiziario di azienda non ne pregiudica l’efficacia, a differenza del sequestro conservativo, che implica un’indicazione puntuale dei beni, in modo che sia conoscibile il patrimonio sottoposto a tutela della garanzia del credito.
Le quote di partecipazione di una società di persone, che possano essere trasferite dal cedente al cessionario, come stabilito dall’atto costitutivo, salvo l’eventuale diritto di prelazione in favore degli altri soci, possono essere oggetto di sequestro conservativo, in favore dei creditori particolari del socio, anche prima dello scioglimento della società.
Risulta essere ammissibile il sequestro conservativo delle quote detenute dal debitore in una società in accomandita semplice, che per statuto siano liberamente trasferibili, da parte del creditore particolare del socio, finalizzato alla successiva esecuzione forzata.
Essendo le quote di partecipazione in società di persone un bene immateriale equiparato ai beni mobili non registrati, l’esecuzione del sequestro avviene in forma di pignoramento presso terzi, ai quali viene notificata l’intimazione a non disporre delle quote stesse nei confronti del debitore o di altri soggetti. Di fatto, i terzi si trasformano in custode del bene sequestrato.
Non è ammissibile, invece, il sequestro conservativo dell’universalità dei beni aziendali, mentre l’individuazione di singoli beni aziendali da sottoporre a sequestro, qualora fosse contrastata dalla resistente, viola le regole del contraddittorio, quando quest’ultima non sia stata in grado di provare l’impignorabilità dei beni oggetto della richiesta di sequestro.
Il bene immobile, oggetto di preliminare di vendita, non può essere sottoposto a sequestro conservativo a carico dell’acquirente promittente, in quanto al suo riguardo si configura solo il credito alla prestazione di un fare infungibile, non suscettibile di esecuzione forzata.
Il sequestro dei beni del coniuge allontanatosi dalla residenza familiare ha natura sanzionatoria e coercitiva e mira ad assicurare l’adempimento degli obblighi di contribuzione ai bisogni familiari. Pertanto, non è invocabile a tale scopo il sequestro conservativo per obbligare il coniuge al mantenimento.
Non è ammesso ricorso contro il provvedimento negativo sull’istanza di riduzione del sequestro conservativo, essendo il provvedimento attinente al momento dell’attuazione e non a quello dell’esercizio della tutela cautelare.
La valutazione delle condizioni per la riduzione del sequestro conservativo è rimessa al solo giudice e può puntare anche alla concentrazione della misura cautelare sui beni di solo un debitore in solido, in modo da sgravare gli altri. In questi casi, il proprietario del bene sequestrato non può lamentare un aggravio del provvedimento originario, in quanto la sua incidenza non è aumentata rispetto al primo giudizio.