L’articolo 1965 del Codice Civile definisce la transazione come il contratto con cui le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già cominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti.
In diritto privato si definisce transazione semplice la modifica di alcuni aspetti contrattuali tra le parti, senza che venga meno il contratto precedentemente stipulato. Per esempio, si consideri il caso di un contratto di appalto, per il quale la società appaltante rileva alcuni difetti all’opera appaltata. L’appaltatore potrebbe accontentarsi di un prezzo inferiore a quello pattuito, mentre l’appaltante potrebbe decidere di rinunciare a contestare alcuni difetti rilevati. In questo caso, non vi è dubbio che sia rimasto in piedi il vecchio contratto, sempre con la modifica concordata tra le due parti.
Diverso è il caso di una transazione novativa, che si ha quando le parti decidono di archiviare il vecchio contratto, sostituendolo con quanto scaturito dalla nuova pattuizione, ovvero dall’accordo transattivo. Per esempio, se a seguito delle contestazioni rilevate all’opera, la società appaltante e l’appaltatore decidono che la proprietà della stessa passi in capo a questo, versando alla prima il prezzo corrispondente ai costi sostenuti per la fornitura dei mezzi finora impiegati, non vi è nemmeno in questo caso dubbio alcuno che siamo in presenza di un nuovo accordo, che di fatto sostituisce quello precedentemente stipulato.
Sul piano normativo si hanno diverse conseguenze dalla transazione novativa. L’art.1976 del Codice Civile stabilisce, per esempio, che la risoluzione della transazione per inadempimento non può essere richiesta se il rapporto esistente è stato estinto per novazione, salvo che il diritto alla risoluzione sia stato espressamente stipulato. Ciò, in quanto con la transazione novativa, la retroattività degli effetti conseguente alla risoluzione del contratto potrebbe non ripristinare le obbligazioni preesistenti estinte.
Gli errori di diritto non incidono in via generale sulle questioni oggetto di controversia, ma la regola è derogabile proprio per i casi di transazione novativa. In questo caso, infatti, l’errore rileverebbe con attinenza alle questioni rientranti nell’accordo transattivo e ulteriori rispetto al rapporto controverso.
Quanto ai vizi del contratto esistente, essi rilevano sull’accordo transativo, quando la transazione ha natura semplice. Non hanno rilevanza, invece, per i casi di novazione, proprio in virtù dello stravolgimento del rapporto viziato.
Ma anche i rimedi esperibili vengono meno nel caso di transazione novativa, data l’estinzione del rapporto precedente, mentre si conservano per i casi di transazione semplice. Con la prima, poi, decorrono nuovi termini per la prescrizione e la decadenza.
Vediamo come si fa in concreto a giudicare se un accordo transattivo abbia natura semplice o novativa. La giurisprudenza fa spesso riferimento alla volontà delle parti e all’interpretazione delle clausole del contratto, ma tenendo sempre in considerazione la compatibilità o meno della situazione venutasi a creare con tale accordo e quella vigente a seguito del contratto esistente.
Fatta chiarezza sulla distinzione tra transazione semplice e novativa, concentriamoci su un altro aspetto, ovvero sulla differenza tra transazione novativa e novazione. Ci si chiede in dottrina se siano applicabili le norme contenute negli artt.1230 e seguenti del Codice Civile e relative alla novazione alla transazione novativa. Vi sono sul punto tesi diverse. Quella affermativa muove dal presupposto che pur essendo i due istituti di natura diversa, non si può escludere che la volontà delle parti di archiviare il vecchio contratto e di sostituirlo con uno nuovo sia finalizzata a porre fine a una lite. La conseguenza è che gli effetti dei due istituti potrebbero combinarsi tra di loro.
Esiste un’altra interpretazione della differenza tra transazione semplice e novativa. Per una parte della dottrina, essa consisterebbe nel fatto che la seconda sarebbe un negozio non ausiliario, nel senso che diritti e doveri avrebbero in esso la loro unica fonte. In buona sostanza, mentre nella transazione semplice, la fonte dei diritti e dei doveri rimarrebbe sempre in capo al rapporto originario, con la transazione novativa è l’accordo transattivo a diventare nuova fonte di obblighi e diritti delle parti.
Per fare in modo che la transazione sia, in ogni caso, valida, è necessario che essa riguardi diritti disponibili. L’indisponibilità del diritto deriva o dalla sua natura o per espressa disposizione di legge. Per esempio, non può essere oggetto di alcuna transazione l’integrità fisica.
Così come è considerato nullo qualsivoglia accordo per rinunciare a azioni di responsabilità contro gli amministratori di società di capitali in assenza di requisiti specifici. Un’obbligazione naturale, poi, non sarebbe mai oggetto di una transazione, data la incoercibilità diretta del vincolo ad essa attinente, che fa venire meno la possibilità che sul punto si ponga vita a una lite.
Nonostante queste limitazioni, l’accordo transattivo è generalmente valutato positivamente dalla dottrina, visto che esso consente alle parti di porre fine alle liti e di evitare lungaggini, contribuendo al bilanciamento degli interessi tra le varie parti.